A dicembre c’è natale, a gennaio capodanno e l’Epifania, ad agosto Ferragosto, a novembre tutti i santi e la commemorazione dei defunti, a settembre si ricordano la maggior parte dei caduti nella guerra alla mafia. Appuntamenti, più o meno piacevoli. Ieri il mese della memoria ha preso il via con il ricordo del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, della moglie Emanuela Setti Carraro e dell’agente della scorta Domenico Russo. Come sempre corone di fiori e alloro, qualche esponente delle istituzioni e poi tutti a casa. Assenti, i cittadini. Nemmeno fosse una tassa da pagare, quegli stessi cittadini che su Facebook reclamano legalità e rispetto delle regole erano altrove. Certo, spesso le commemorazioni cadono in giornate lavorative, ma non tutti lavorano e non si chiede ovviamente la presenza di migliaia di persone alle deposizioni delle corone. Forse, la gente ha raggiunto una soglia di intolleranza verso tutto quello che rappresenta l’istituzione statale, per i disservizi, per le troppe tasse, per le disuguaglianze eterne di questo paese, da non avvertire il bisogno di manifestare gratitudine perfino verso i martiri. Verso chi meriterebbe il sentimento più grande: la riconoscenza. Ad Agrigento e provincia, che di martiri di mafia ne hanno pianto parecchi, sta per iniziare il consueto “festival” della memoria. I giudici Saetta e Livatino verranno ricordati tra il 21 e il 25, con tutti gli onori del caso. Su Livatino il coinvolgimento popolare ha assunto contorni molto vasti anche alla luce della sua beatificazione. La sua stele è stata abbellita negli ultimi anni dal lavoro svolto da un gruppo di volontari, capaci di creare e gestire con dedizione un parco, con riferimenti anche alla memoria di altre vittime della mafia. Su Saetta poco o nulla, con la piazzuola di sosta sulla Strada statale 640 ridotta a una discarica, dove sorge la sua immagine del volto stilizzata. Una vergogna che questo giornale denuncia da mesi, inutilmente.

Predicare bene sui social, razzolare malissimo nella realtà

Il 21 e il 25 settembre sono le giornate dove i “vip” delle istituzioni escono dai loro uffici, si recano in chiese e luoghi dei martiri altrui, depongono i fiori, fanno bei discorsi e ritornano nei loro uffici. Tutto giusto, ci mancherebbe altro. Peccato che manchi sempre la gente. Mancherebbe che anche loro, i vip delle istituzioni, dimenticassero quello che non è solo un obbligo istituzionale, ma soprattutto morale per chi rappresenta tutto lo Stato. Anche perchè a fregarsene degli eventi commemorativi ci pensano quelli che moralizzano su tutto, quelli che protestano solo usando la tastiera del pc o del cellulare, che parlano di legalità ma poi gettano la “munnizza” davanti al portone di casa propria o ai bordi delle strade. Quelli che non pagano le bollette dell’acqua, ma poi vogliono l’acqua ogni giorno a casa, quella che per superare la fila per una visita specialistica chiamano l’amico primario e superano il prossimo. Già, il mese della legalità, settembre. Ma basta recarsi alle manifestazioni commemorative per dire che qualcosa sta cambiando nella coscienza civile? Sarebbe bello vedere maggiore presenza di persone “comuni” agli eventi commemorativi dei martiri della mafia, ma anche traslare questo maggiore coinvolgimento emotivo in gesti quotidiani rivolti al rispetto delle regole e del prossimo. Sarebbe anche bello però, che dalle stesse istituzioni giungessero segnali di maggiore attenzione al popolo, a quello che ogni giorno si alza per andare a lavorare onestamente e si aspetta di vedere garantiti i diritti essenziali. A quel punto, il senso di appartenenza a questo paese, aumenterebbe, spingendo le persone a manifestare ancora più forte la propria riconoscenza. Anche a settembre, quando ad Agrigento si ricordano illustri martiri di mafia. 

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