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Dissalatori, appalti e favori elettorali: il sistema di potere che ha gestito l’emergenza idrica agrigentina. Tutti i nomi

AGRIGENTO – L’estate 2024 verrà ricordata come la più nera per la crisi idrica in provincia di Agrigento. Mentre i cittadini erano senz’acqua, nelle stanze della politica e della burocrazia si muovevano interessi pesanti. Un sistema che, secondo la Procura della Repubblica di Agrigento, ruotava attorno a Roberto Di Mauro, ex assessore regionale all’Energia, e coinvolgeva una fitta rete di amministratori, tecnici e candidati alle recenti elezioni per il Libero Consorzio.

Dissalatore a Licata: Cambiano, Balsamo e Alesci

Al centro dell’inchiesta, la vicenda del dissalatore di Licata, fortemente voluto dal deputato regionale del Movimento 5 Stelle Angelo Cambiano, che – intercettato – chiede “supporto” all’architetto Sebastiano Alesci, allora potentissimo dirigente tecnico del Comune di Licata e componente di svariate commissioni di gara in Sicilia.

Il sindaco di Licata, Angelo Balsamo, si sarebbe opposto all’opera sin dall’inizio. Intercettazioni tra lui, Alesci e il dirigente del Genio Civile Rino La Mendola mostrano un clima teso e una gestione opaca. “Prima ci vediamo e poi facciamo tutte le valutazioni”, dice La Mendola, mentre Balsamo esprime dubbi sul progetto: “Non ho nessuna difficoltà, se si parla di fare un dissalatore a Licata che ben venga”, ma aggiunge: “non mi sembra favorevole né la zona, né la tempistica”.

Eppure, nonostante i pareri tecnici negativi, il dissalatore va avanti. La “copertura” viene garantita da Cambiano che, secondo gli atti, si attiva direttamente per favorire la nomina di Alesci come tecnico di riferimento, in stretto contatto con il Genio Civile e il Dipartimento regionale. In una telefonata, Alesci rassicura Cambiano: “Ho avuto l’ok dal capo della Protezione civile, Salvatore Cocina”.

I voti per Pendolino: manovre per le elezioni al Libero Consorzio

Ma l’inchiesta non si ferma al dissalatore. Secondo gli investigatori, il gruppo avrebbe pilotato l’elezione alla presidenza del Libero Consorzio Comunale di Agrigento, sostenendo Giuseppe Pendolino, sindaco di Aragona. Il sostegno – secondo le intercettazioni – sarebbe stato organizzato su input di Roberto Di Mauro, che avrebbe fatto convergere i voti su Pendolino per garantirsi una figura politicamente allineata ai vertici dell’ente provinciale.

La Procura ritiene che il sistema si sia mosso in modo coordinato, anche con l’intervento della famiglia Caramazza – imprenditori già legati al settore rifiuti – a sostegno della “cordata Di Mauro”. Un sostegno che avrebbe avuto come obiettivo anche la gestione del centro comunale di raccolta rifiuti di Ravanusa, per un valore di 19 milioni di euro: un appalto su cui l’ANAC ha già evidenziato rilevanti irregolarità.

I protagonisti e non del “sistema”(ad ognuno viene riportato ciò per cui viene citato)

  • Roberto Di Mauro – ex assessore regionale, deputato regionale in carica. Per la Procura, figura centrale nella rete di potere che avrebbe condizionato appalti e incarichi.

  • Angelo Cambianodeputato regionale M5S, protagonista delle pressioni per realizzare il dissalatore di Licata.

  • Angelo Balsamo – sindaco di Licata, inizialmente contrario al dissalatore e intercettato in numerosi colloqui riservati.

  • Sebastiano Alesci – architetto e funzionario tecnico, coinvolto in numerose gare d’appalto; per gli inquirenti, figura tecnica chiave dell’intero sistema.

  • Rino La Mendola – dirigente del Genio Civile, intercettato mentre tenta di “convincere” Balsamo sulla fattibilità dell’impianto.

  • Giuseppe Pendolinosindaco di Aragona ed eletto presidente del Libero Consorzio con l’appoggio del sistema.

  • Salvatore Cocinacapo della Protezione civile regionale, citato nei dialoghi come parte dell’operazione dissalatore.

  • Famiglia Caramazza – imprenditori coinvolti nel settore rifiuti, indicati come sostenitori della rete Di Mauro.

Un sistema ramificato tra affari e potere

La Procura di Agrigento parla esplicitamente di una “banda” che gestiva appalti, incarichi e consenso politico, con un meccanismo capillare che ha sfruttato l’emergenza idrica per consolidare posizioni di potere e ottenere vantaggi economici. Sotto indagine vi sono decine di soggetti, e molte posizioni rischiano di aggravarsi nei prossimi mesi.

La domanda ora è una sola: quanto è profonda questa rete? E quanti appalti, incarichi e scelte pubbliche sono state condizionate da logiche che nulla hanno a che vedere con il bene comune?


Report Sicilia continuerà a monitorare la vicenda e ad aggiornare i lettori sull’evoluzione giudiziaria di uno degli scandali più gravi che abbia mai colpito il territorio agrigentino.

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