Cinque anni fa esatti Francesco Miccichè diventava sindaco di Agrigento. C’erano ancora le mascherine anti contagio da Covid 19 da indossare obbligatoriamente, c’erano tante speranze di vedere rinascere la città dei Templi dopo cinque anni di gestione “firettiana” che, nonostante il parere contrario del diretto interessato, (sconfitto da Miccichè al ballottaggio), non diede la svolta auspicata 5 anni prima. Andò circa il 40% dei votanti a votare, segno del progressivo distacco della gente dalla politica. Chissà tra sei mesi quanti andranno ai seggi. Chi si candiderà dovrà “stanare” quelli che al voto preferiranno le scampagnate. Oggi nemmeno lui, Franco Miccichè, festeggia questo compleanno amministrativo. Niente, nemmeno un post sul proprio profilo Facebook, come se non ci fosse voglia di festeggiare per un traguardo comunque non scontato, in un epoca politica in cui le “mozioni di sfiducia” sono sempre in agguato e i guai giudiziari incombono su parecchi amministratori pubblici. A Miccichè fino a oggi non è mai arrivato un avviso di garanzia, una denuncia, “solo” la sensazione di non essere l’uomo giusto al posto giusto dal punto di vista prettamente amministrativo.
Ritenuta brava come persona, ma come sindaco?
Una “brava persona” come dicevano e dicono ancora oggi in molti, ma non in grado di allontanare dalla propria figura amministrativa le ombre e le perplessità di cinque anni di pessima gestione del Comune. Solo quelli vicini all’amministrazione hanno saputo sopravvivere in una città totalmente depressa. La città si presenta indubbiamente peggio di come era quell’ottobre 2020 e ci voleva davvero un grande impegno per peggiorarla. C’era la villa del Sole, ora non c’è più, spazzata via da una colata di cemento armato che la magistratura non ha saputo-potuto-voluto investigare al meglio, per accertare se tutto sia in ordine. E poi le ombre sui lavori pubblici in generale, come ad esempio la vicenda della rete idrica sulla quale la Procura avviato una indagine, lavori assegnati senza gare, diverse opacità nella gestione di servizi essenziali.

Tutto a posto, sempre e comunque ….

E poi, come non dimenticare la condanna a Gaetano Di Giovanni, l’ex braccio destro amministrativo del sindaco, super dirigente comunale e comandante della polizia municipale, al quale lo scorso aprile sono stati inflitti 4 anni e 8 mesi di reclusione (in primo grado) per corruzione che gli venne contestata per fatti accaduti a Partinico. Accuse sempre respinte dal diretto interessato. Nessun sconvolgimento ci fu per la “macchina amministrativa”. Anzi, per il sindaco Miccichè i fatti contestati a Di Giovanni, essendo stati contestati fuori dal comune di Agrigento, non avrebbero creato problemi al Comune di Agrigento, come disse nel corso di un suo intervento in consiglio comunale. E poi, la pessima gestione dell’anno da Capitale italiana della Cultura, una occasione unanimemente considerata come perduta da tutti gli osservatori non amici dell’amministratori in carica, ma anche di quelli neutrali. Fiumi di denaro pubblico erogati per eventi che nulla hanno lasciato alla città, a dispetto delle polemiche e delle pessime figure inanellate su scala nazionale. Ritardi su ritardi, nessun effetto positivo per una comunità che non si è accorta dell’evento. E poi, la viabilità cittadina: degna del Vietnam dopo i bombardamenti americani, con danni a veicoli e persone all’ordine del giorno e una tragedia, quella di Marco Chiaramonti di alcuni giorni fa lungo viale Emporium, sulla quale indaga la Procura. Per non dimenticare come l’emergenza idrica in questi cinque anni sia rimasta emergenza, anzi, si è confermata normalità amara.
Questione di colpe …
“Di chi è la colpa” recitava il motto usato in campagna elettorale dalla squadra che sosteneva Miccichè. Una squadra mandata via senza gratitudine nonostante la vittoria ottenuta, privandosi di professionisti di primo piano nel campo dell’informazione e della cultura. Colpa dei cosiddetti “detrattori”, di chi invece in questi anni ha cercato di raccontare il disastro di una gestione amministrativa decisamente inadeguata alle esigenze della città. La lista delle cose che non hanno funzionato o hanno funzionato male sarebbe lunga. Al Comune sono tutti convinti di avere fatto un buon lavoro. Resta un sindaco, il quale agli amici ha sempre detto di non vedere l’ora di tornare a fare il medico. Chi non ha apprezzato il suo lavoro da sindaco, gli augura di soddisfare questo desiderio nella prossima primavera. Il problema grosso è uno: chi verrà dopo di lui? I nomi che “girano” non lasciano spazio a speranza di particolare rinnovamento anche anagrafico. Un dato positivo c’è però: saranno mesi di fermento sociale e, si spera anche intellettuale, con il consueto “bazar” delle idee geniali, dei posti di lavoro promessi, dell’acqua tutti i giorni, della Legalità in ogni centimetro della città. Come non è stato negli ultimi 5 anni. Ma almeno oggi non dobbiamo usare le mascherine per uscire da casa.

