Dopo la fiaba della Fondazione P.V., a Melilli la realtà supera la fantasia. Nel Palazzo del potere scoppia la tempesta: urla, pugni sul tavolo e minacce. La favola del regno perfetto scricchiola.

C’era una volta un castello che si diceva solido come la roccia, ma – lunedì 14 luglio – dalle sue stanze sono usciti solo urla, pugni e oggetti contro il muro.

Nel regno di Melilli, a palazzo, si è tenuto un concilio di guerra. Attorno al tavolo: C., il regnante sempre più circondato; C. e C., i due messi timorosi; M., la gran consigliera dal tono affilato; D. A., il vicesegretario regale; e C. E., la silenziosa osservatrice delle faccende amministrative. La sala del trono – al secolo, il gabinetto del sindaco – è diventata campo di battaglia.

Le cronache del cortile raccontano di porte sbattute, pugni sulle scrivanie, portapenne contro il muro. A infuocare l’atmosfera, A. e M., da sempre uniti da un legame d’acciaio, una confraternita invisibile ma potentissima. Con loro anche C., che per una volta, però, non intendeva cedere alle richieste dei suoi alleati.

Il casus belli? C. Secondo i due reggenti, doveva essere sacrificato sull’altare dell’ordine e della disciplina. Ma il sovrano esitava. E allora ecco il disappunto: A. se ne andava senza fare ritorno, scuro in volto, accompagnato dal suo fido M. C., l’amico-fratello di ogni battaglia, che lo consolava mentre lui mormorava tra i denti: “Non finisce così”.

Nel frattempo, M. sibilava nei corridoi la sua delusione: C. è inadeguato, C. è maleducato. Una regina senza corona ma col veleno sotto la lingua.

A complicare la trama, la presenza discreta ma decisa della giovane contabile L.R., fedelissima al re, che controllava i movimenti della M. con sguardo attento. E la consigliera, bestia ferita, pareva pronta a far saltare in aria l’intero castello di carta.

Nel mentre, C. e C. balbettavano. Zittiti, schiacciati, intimiditi da chi da tempo tiene il bastone del comando senza mai esporsi davvero.

Nel frattempo fuori, la piazza si chiede:
È questa la Fondazione P.V. che doveva incantare il mondo con la cultura?
È questo il palazzo che si muove tra viaggi, omissis e “consulenze magiche”?
È questo il regno che parlava di trasparenza e rinascita?

E mentre i protagonisti oggi si preparano a recitare sul palco del consiglio comunale, tra sguardi gelidi e applausi di circostanza, il popolo attende il prossimo capitolo.

Perché nelle favole, si sa, i castelli sembrano eterni. Ma basta una crepa per farli crollare.

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