Ci sono due modi di essere giornalisti e fare giornalismo. Quello di Ranucci e della sua squadra di Report che su scala nazionale, di riffa o di raffa, sgama le malefatte dei potenti di turno, da destra a sinistra, magari a volte più a destra, ma fa uguale. E poi c’è quello che nella piccola e sperduta Agrigento svolgono con alterne fortune alcuni tesserati (forse) dell’ordine di Sicilia, direttori e “semplici” redattori di testate on line e cartacee. Questi ultimi fanno cotoletta non solo del giornalismo d’inchiesta che, non è cosa per tutti, ma fanno molto di peggio. Prestano la loro tastiera (una volta c’era la macchina da scrivere o la penna) e le loro testate per quelle che in gergo si chiamano “marchette”, ovvero palesi servizi pubblicitari per questo o quell’amico commerciante, se non addirittura politico. Un’attività contraria alle regole deontologiche che tanto vengono tirate in ballo da quelli che – proprio loro – sono specialisti nel marchettismo giornalistico, pur di tirare avanti la carretta. Avviso ai naviganti. Chi scrive nel corso della propria quasi trentennale carriera ha scritto articoli anche sbagliati, per sviste o imprecisioni che possono capitare a tutti. Come capita al meccanico quando monta male una marmitta o a un sarto che cuce male un’asola. Ma in questi anni quando c’è stato da fare pubblicità si è fatta pubblicità, con gli “pezzi” che si catalogano come “redazionali”, quasi sempre senza firma in calce, con la scritta bene in vista sulla pagina, senza mischiare l’articolo di cronaca “normale” con, appunto, la marchetta.
Una emergenza senza fine
Ad Agrigento tutto questo non si fa. Si scrive un articolo al miele per questo o quel commerciante amico e lo si “passa” per articolo. Niente scritte, niente avvisi. Il giornalista questo non lo può fare. Si dirà: bisogna provare che tale pubblicità sia a pagamento. Vero, ma ad Agrigento le leggende narrano di articoli pagati con generi di conforto vari, abbigliamento, preziosi e altri beni di consumo. Alla faccia del giornalismo, nemmeno quello di inchiesta, ma quello basico, quello che si limita a fornire notizie ai lettori. Ad Agrigento l’emergenza giornalismo è sempre più grave, con redazioni ridotte all’osso, quotidiani cartacei con due o tre pagine a coprire una provincia di oltre 40 Comuni, testate on line quasi tutte di proprietà extra siciliane che almeno pagano gli stipendi ai propri – pochi e bravi – dipendenti. Tutto al cospetto dell’estinzione totale dei “giornalisti” che cercano le notizie, senza attendere il comunicato stampa o, appunto, la marchetta da fare al commerciante di turno. Una realtà difficile come quella agrigentina meriterebbe una “classe” di giornalisti capaci di trovare e sapere scrivere le notizie che interessano i cittadini. Punto. La pubblicità sui mass media è consentita e meno male che esiste, ma con trasparenza, senza camuffamenti, perchè le marchette hanno le gambe corte e screditano ciò che resta di una categoria allo sbando.

