Editoriale di Report Sicilia
San Leone, estate 2025. Le attività commerciali sono sotto pressione, ma non per la concorrenza, i turisti assenti o i prezzi dell’energia. No: sono sotto pressione per via dei controlli selettivi, chirurgici, mirati — ma sempre nella stessa direzione. Verso chi alza la voce, verso chi chiede giustizia, verso chi pretende regole uguali per tutti.
Questa non è una novità. È una storia che si ripete, come un disco rotto in sottofondo al sole agrigentino.
Qualche anno fa toccò ai gestori di bed & breakfast. Alcuni, giustamente, cominciarono a segnalare un numero abnorme di strutture abusive, senza licenze, senza versamenti fiscali, senza rispetto delle regole. Cosa fecero le autorità? Un’indagine trasparente? Una mappatura incrociando Booking, Airbnb e autorizzazioni Apit?
No. Si diede un segnale. Un messaggio chiaro, potente, mafioso nel metodo, se non nella sostanza:
“Hai parlato? E allora controlliamo te.”
E così fu. Blitz negli alloggi, ispezioni casa per casa. Il messaggio fu: non denunciare, non lamentarti, non parlare. Lavora, stai zitto, e subisci.
Acqua (amara) per i ristoratori
Poi è toccato a un ristoratore. Aveva osato dire pubblicamente che il locale non riceveva più acqua. Aveva osato chiedere conto all’ente gestore. Risultato? Arriva l’ASP. Controllo a sorpresa. Chiusura del locale.
Mica all’AICA, che non gli mandava l’acqua. Mica al Comune, che non gestisce le fonti. No. Al ristoratore.
Stessa logica. Stessa violenza burocratica.
Non alzi la testa. Non disturbi. Non chiedi spiegazioni.
Il sistema contro chi è libero
E poi ci sono i cittadini liberi, i comitati, le associazioni, i giornalisti, i consiglieri coraggiosi. Per loro, se parlano troppo, parte l’attacco sistematico. Arrivano i controlli, gli articoli pilotati dalla stampa di potere, le voci fatte circolare ad arte. Ti dipingono come “nemico della città”, ti accusano di remare contro, ti isolano, ti logorano, ti silenziano.
Ditemi voi: se questo non è metodo mafioso, cos’è?
Non c’è bisogno di una lupara per controllare un territorio. Bastano un blocco idrico, una chiusura amministrativa, una verifica fiscale punitiva, un articolo diffamatorio mascherato da notizia.
Un’amministrazione che non tollera il dissenso
Agrigento è diventata un laboratorio al contrario: qui non si premia chi rispetta le regole, ma chi si adatta al silenzio. Chi si allinea, chi applaude, chi gira la testa dall’altra parte.
Chi parla, invece, viene preso a esempio. Perché la prossima volta gli altri imparino la lezione.
Ma noi non stiamo zitti.
Continueremo a raccontare tutto questo, nome per nome, fatto per fatto. Perché l’unico modo per spezzare questo sistema è guardarlo in faccia, raccontarlo, non piegarsi.
Perché Agrigento, se vuole davvero essere Capitale della Cultura, deve smettere di essere Capitale della Paura.

