Il Tg3 delle 19 di ieri, con l’inviato ad Agrigento, il giornalista Pier Damiani D’Agata ha scelto noi di Report Sicilia, con l’editore Giuseppe Di Rosa per farsi raccontare al meglio l’ennesima “emergenza” idrica nella città dei Templi. Una emergenza che però è ormai da tempo fisiologica, in una terra dove l’acqua abbonda nel sottosuolo, si perde lungo le condotte colabrodo e viene pagata cara e amara, con tanto di aumento delle bollette disposto da Aica. Il cronista munito di apposita telecamera si è addentrato nel centro storico della città, accompagnato da Di Rosa nella veste di Cicerone, raccogliendo testimonianze di agrigentini stanchi di subire turni di erogazione da quarto mondo e aumento delle tasse ingiustificabile. Le immagini sono diventate un reportage d’impatto notevole, con perdite rigogliose a due passi dalle case, nel centro storico, lungo la via Acrone, documentando anche le conseguenze nefaste che tali perdite hanno sull’assetto idrogeologico della città.


La sconvolgente analisi del revisore dei conti di Aica
Un focus iniziale nel servizio è stato rivolto proprio alla vergognosa vicenda della via Acrone, chiusa solo quando la frana della strada sottostante piazza Marconi è divenuta inarrestabile. Frana per la quale dal parte degli organi competenti ancora nulla si muove, a parte il terreno. Raccolta dal giornalista D’Agata la testimonianza di Salvatore Licari, uno dei componenti la consulta di Aica, il quale senza giri di parole ha evidenziato come “i bilanci di Aica dicono di una perdita nei primi tre anni nel 21, 22 e 23 di sei milioni e 300 mila euro, quei soldi sono stati sviati in spese eccessive e incontrollate“. Roba da far drizzare le antenne agli inquirenti verrebbe da pensare, ma ad Agrigento pare esserci sempre tempo per una svolta giudiziaria verso chi – come minimo – non sa amministrare la cosa pubblica. E ad Agrigento c’è chi si lamenta del fatto che organi d’informazione nazionale “svergognino” la città “con questi servizi”. Come se la vergogna fosse raccontare… la vergogna di una città martirizzata e tenuta nella sete da decenni.

