Il segretario nazionale della Democrazia Cristiana Totò Cuffaro

Palermo, 29 novembre 2025 — Il Tribunale del Riesame di Palermo ha disposto l’annullamento del provvedimento con cui la procura aveva sequestrato circa 80.000 euro in contanti rinvenuti durante una perquisizione nelle abitazioni dell’ex governatore siciliano, nell’ambito di un’inchiesta per associazione a delinquere, corruzione e turbata libertà degli incanti.

Secondo i magistrati del Riesame, non sussistevano – almeno allo stato – i presupposti per mantenere un sequestro probatorio. I legali difensori, gli avvocati Giovanni Di Benedetto e Marcello Montalbano, avevano sostenuto che la somma fosse detenuta in modo del tutto legittimo.

Motivazioni del Riesame

Nella decisione, il tribunale evidenzia che nel caso in questione non emergono elementi sufficienti a far presumere la provenienza illecita del denaro, né che esso sia collegabile in modo diretto e concreto ai reati contestati. Per questo motivo, la misura cautelare — finalizzata a preservare prove — è stata ritenuta ingiustificata. 

I giudici hanno quindi ordinato la restituzione degli 80.000 € (ma non era tutto denaro liquido) all’ex presidente regionale. 

Un colpo di scena in un’inchiesta delicata

La vicenda, seguendo le indiscrezioni giudiziarie, riguardava una perquisizione avvenuta nei primi giorni di novembre nelle residenze di Cuffaro, a Palermo e a Caltagirone. Il sequestro del contante rappresentava una delle evidenze su cui la procura contava per dimostrare sospetti di “illeciti patrimoniali legati a decisioni amministrative”. ANSA.it+1

Con la decisione del Riesame, tuttavia, quella traccia si dissolve — almeno temporaneamente. Per gli avvocati difensori, la restituzione è la conferma che quelle somme erano stati risparmi personali, detenuti in modo legittimo.

Le implicazioni per l’inchiesta in corso e per la credibilità delle misure cautelari

La revoca del sequestro pone nuovi interrogativi sull’efficacia delle misure cautelari in inchieste complesse come quella che coinvolge Cuffaro. Se le autorità giudiziarie non riescono a dimostrare il nesso tra denaro e ipotesi di reato, la fiducia nel sistema di accertamento patrimoniale ne esce indebolita.

Per l’inchiesta in corso — che riguarda presunti intrecci corruttivi, appalti e turbativa d’asta — perdere un elemento chiave come il contante sequestrato significa che la procura dovrà ripensare le strategie investigative: affidarsi a nuovi elementi documentali, contabili, o ad altri riscontri utili.

Allo stesso tempo, l’esito rischia di alimentare il clima di scetticismo intorno all’utilizzo delle perquisizioni e dei sequestri come strumento preventivo, se non supportati da prove concrete e non puramente indiziarie.


Considerazioni per una copertura d’inchiesta in chiave Report

  • Contesto politico e morale: Cuffaro è stato già al centro di altre vicende giudiziarie e politiche. Un elemento del genere — se confermato come “risparmio legittimo” — potrebbe essere utilizzato da lui o dai suoi sostenitori per rivendicare una sorta di “riabilitazione morale”, indipendentemente dall’esito definitivo del procedimento.

  • Trasparenza e fiducia nella magistratura: Da un lato serve rigore nelle misure cautelari; dall’altro la decisione del Riesame sottolinea che il bilanciamento non può pendere su pressapochismo investigativo. Questo caso può essere utile per interrogarsi sul modello di inchieste siciliane che usano il sequestro patrimoniale come prima mossa.

  • Pressione sull’inchiesta: La procura dovrà ora dimostrare, con mezzi alternativi, eventuali legami tra denaro e reati; altrimenti, l’intero impianto accusatorio rischia di restare vago.

https://www.ansa.it/sicilia/notizie/2025/11/29/tribunale-annulla-sequestro-denaro-trovato-in-case-cuffaro_c0b7ebdf-5ec3-437a-bdb2-ca8fe578a7ef.html

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