I giudici della suprema corte di Cassazione non hanno idea della vergogna si consuma ogni giorno e notte all’ingresso di Porto Empedocle, a pochi chilometri dalla valle dei Templi, a pochi metri dal porto dove ogni tanto attraccano navi da crociera piene di turisti. Loro, gli “ermellini” hanno semplicemente svolto il loro lavoro, pronunciandosi con la conferma del sequestro dell’impianto di lavaggio dei fanghi del porto di Trapani catapultati lo scorso maggio a Porto Empedocle, dichiarando inammissibile il ricorso del titolare della struttura. L’area che secondo le indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Agrigento, nel contesto dell’operazione “Dirty Mud”, era finita sotto inchiesta perché questi stessi fanghi destinati al trattamento, sarebbero stati invece ammassati e smaltiti in discarica senza essere adeguatamente trattati. 60 mila metri quadrati di melma puzzolente, inquinante che da mesi penetra nel terreno e ammorba l’ambiente. Uno scandalo che si consuma sotto gli occhi di tutti, in attesa che la magistratura faccia il proprio legittimo e apprezzato lavoro di accertamento, ma che non si coniuga con l’impegno a dare decoro all’ambiente. Porto Empedocle non può essere la pattumiera di Sicilia, utilizzata come gabinetto dove scaricare ogni tipo di schifezza e… poi si vedrà. La domanda è semplice: chi, come e quando rimuoverà questo scempio? 

Tutti vedono, tutti annusano, nessuno interviene

La politica locale tace, in questi mesi non ha schiodato una sola parola per denunciare questo scempio, le associazioni ambientaliste si dedicano all’estinzione del topo quercino e alla Palestina, dimenticando questa bomba ecologica a due passi dai Templi e a meno di due passi dal centro abitato. L’Arpa non pervenuta, l’Asp idem, tutti vedono e annusano, nessuno interviene. Per l’ipotesi di rigassificatore si muovono da anni tutti i “sapiens” di questo territorio, per questa colata di “merda” (scusate il francesismo di chi scrive) non si muove foglia. Adesso, con la conferma del sequestro, questa puzzolente faccenda rischia di prolungarsi ancora, a meno che l’autorità giudiziaria trovi una soluzione tampone, per eliminare o quanto meno “disinnescare” questa bomba ecologica che devasta l’immagine di Porto Empedocle e non solo. 

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