In un regno fatto di timbri, incarichi lampo e concorsi magici, un singolare personaggio dalla parlantina brillante e dall’uniforme stirata scala i palazzi del potere senza mai passare dal via. Una favola moderna — ma purtroppo vera — su ciò che accade nei regni di M., F. e P.
C’era una volta, in una terra di arance e municipalizzate, un giovane leguleio ambizioso, noto per le sue lezioni in un prestigioso ateneo chiamato “Link del Campus”. Chi lo conosceva lo definiva “l’avvocato dei miei stivali”, più abile con le parole che con l’onore, ma abile nel trovarsi sempre nel posto giusto — o meglio, nei Comuni giusti.
Un giorno il nostro protagonista, che chiameremo D.A., fu assunto dal Comune di P. con una formula magica chiamata “incarico fiduciario”, che non prevedeva incantesimi di concorsi né prove da superare. Ma nel castello comunale di P., D.A. non mise mai piede, nemmeno per il periodo di prova obbligatorio. Nessuno lo vide mai alla scrivania.
Poi, puff! Con un colpo di bacchetta (e qualche firma), il nostro D.A. comparve nel Comune di F., dove divenne Comandante della Polizia Municipale. Non appena indossato il mantello da comandante, iniziò a esercitare il suo potere con zelo… anche troppo.
In quel regno, fedele a un altro potente mago di nome D.L., D.A. si macchiò di una decisione spietata: licenziare un vecchio vigile, padre di famiglia e sindacalista, colpevole solo di non inchinarsi mai. Si dice che il Comandante gonfiato volesse dimostrare la sua fedeltà al trono. Ma a F. la gente mormorava, e il vento portava sempre più storie scomode.
Ma il nostro protagonista non si fermò lì. Con un’altra piroetta, senza mai lasciare il suo incarico a F., si materializzò anche nel Comune di M., dove fu nominato dirigente — sì, dirigente a tempo pieno — con uno stipendio da fiaba: 3.500 monete d’oro al mese.
Come potesse essere Comandante in un regno e Dirigente in un altro nessuno lo sa davvero. Ma si dice che chi osi chiedere venga allontanato, ignorato, o trasferito in qualche scantinato.
E mentre i cittadini onesti aspettavano giustizia, i concorsi per diventare vigile urbano a M. si svolgevano in modo… come dire… fantastico. Testi identici, graduatorie da libro già scritto, e silenzi assordanti. Secondo molti, il regista occulto dietro tutto questo era proprio il nostro D.A., il “tecnico” dai mille incarichi, servo di due (o più) padroni, ma soprattutto gran burattinaio di carte, ruoli e penne d’oca.
La morale?
In questa favola senza lieto fine, chi conosce la legge troppo bene può usarla come scudo… o come arma. Ma ogni magia, prima o poi, si spezza. E allora la verità verrà fuori, atto dopo atto, concorso dopo concorso.
E noi, come narratori imparziali, continueremo a raccontarla, perché le fiabe che accadono nella realtà fanno più paura di quelle inventate.
Firmato:
La redazione di Report Sicilia
“Contare le stelle non serve, se non si accende la luce dentro i palazzi del potere.”

