La grande foto a corredo di questo “pezzo” racconta tanta storia agrigentina. Una storia diventata triste col passare del tempo. Immortala due locali in particolare, quelli in cui fino a qualche anno fa erano attivi il bar con annesso tabaccaio e l’attigua edicola, all’interno della stazione ferroviaria in piazza Marconi. Chiunque accedeva dall’ingresso principale e non dalla sottostante via Acrone aveva dinanzi a se queste due attività commerciali, capaci di dare lavoro a numerose famiglie, movimentando ancora di più un luogo di per se frenetico. Con il passare del tempo però, prima ha chiuso il bar, quindi ha alzato bandiera bianca l’edicola. Incredibile, ma vero. Ad Agrigento vanno in crisi anche le attività commerciali all’interno di uno scalo ferroviario. Ma non perchè i titolari del bar e dell’edicola fossero incapaci, anzi. Il motivo delle chiusure fu sostanzialmente lo stesso: senza treni, senza passeggeri in grande numero, era impossibile sostenere i costi di gestione delle attività e questo ha portato inesorabilmente ad abbassare le saracinesche. Risultato? La totale desolazione commerciale, all’interno del terminal ferroviario che è stato dotato – dall’azienda che lo gestisce – di un efficientissimo distributore automatico di merendine e bibite caldo/fredde, alla faccia dei rapporti umani e della chiacchierata col barista, il cassiere o l’edicolante. Del resto, con quei pochissimi treni in arrivo e partenza dai cinque binari dello scalo agrigentino di rapporti umani è difficile averne anche se a due passi dal primo binario sorge un elegante “albergo”, accanto ai gabinetti e agli uffici della Polfer. Vuoi comprare un giornale o una rivista (ancora esiste chi ha queste abitudini ormai vintage)? La prima edicola è a Porta di Ponte. Vuoi un cappuccino “vero” e non “sputacchiato” dalla super macchinetta vicino ai binari? Basta uscire dalla stazione e cercare il primo bar. Idem per le sigarette, le marche da bollo e altri prodotti da tabacchino.

Cosa fare per cambiare?
Per rivitalizzare la stazione centrale di Agrigento servono due cose: i treni prima di tutto e poi, incentivare il ritorno di qualche privato nella fornitura di servizi utili ai viaggiatori. Per una città che si dice essere “a vocazione turistica” dovrebbe essere un cammino scontato, ma purtroppo ad oggi la strada percorsa dalle Ferrovie e dagli enti locali è opposta. E nell’anno di Agrigento capitale italiana della cultura nulla è cambiato in meglio. Pazienza, ci si può consolare con una merendina “sparata” dal distributore automatico. Ah, attenzione a distrarsi quando si arriva in treno la sera, si rischia di rimanere chiusi dentro, perchè la stazione la sera chiude, per evitare che venga usata come bivacco dai senza fissa dimora. L’umanità prima di tutto.

