Il tribunale di Palermo ha stabilito che le imprese di Marco Campione, ex patron di Girgenti Acque, non sono frutto di attività illecita, revocando così il sequestro e rigettando la richiesta di confisca dei beni avanzata dalla Direzione Investigativa Antimafia (DIA) e dalla Procura di Agrigento. Una decisione che ribalta le accuse iniziali, decretando la restituzione di beni per oltre 20 milioni di euro.
Il sequestro, eseguito nel novembre 2022, aveva interessato due società, partecipazioni in altre sei imprese tra cui la stessa Girgenti Acque (oggi dichiarata fallita), nove beni immobili, ventisei beni mobili e trentotto rapporti finanziari. Secondo l’accusa, il quadro indiziario avrebbe dimostrato la pericolosità sociale di Campione, giustificando così il provvedimento di prevenzione patrimoniale. Tuttavia, nel corso del procedimento, l’avvocato difensore Lillo Fiorello è riuscito a smontare tali argomentazioni, portando i giudici della sezione misure di prevenzione a escludere qualsiasi attualità di pericolosità sociale del noto imprenditore.
Oltre alla restituzione dei beni, è stata rigettata anche la richiesta di misura di prevenzione personale, come la sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza. I giudici hanno sottolineato che le accuse non reggevano più di fronte alle prove portate dalla difesa, segnando un punto importante a favore dell’imprenditore siciliano.
L’ombra di “Waterloo” e il declino di un colosso
Nonostante questo traguardo legale, Marco Campione resta coinvolto in un’altra vicenda giudiziaria: è infatti stato rinviato a giudizio nell’ambito dell’operazione “Waterloo”. Questa inchiesta ipotizza l’esistenza di una vasta rete di protezione istituzionale e politica creata dall’imprenditore, capace – secondo l’accusa – di influenzare decisioni pubbliche attraverso il controllo del servizio idrico e la promessa di posti di lavoro.
Campione, un tempo considerato uno degli imprenditori più potenti in Sicilia, si trova ora a fronteggiare un’immagine profondamente macchiata e un impero economico ridimensionato. Le accuse mosse nell’operazione “Waterloo” hanno contribuito a portarlo vicino al lastrico, ma la recente sentenza del tribunale di Palermo evidenzia come alcune delle decisioni prese contro di lui fossero illegittime alla luce dei fatti odierni.
Un caso che solleva interrogativi
Il caso di Marco Campione mette in evidenza le complessità del sistema giudiziario italiano, dove provvedimenti di prevenzione patrimoniale possono avere conseguenze devastanti per gli imprenditori, anche quando successivamente si rivelano infondati. La vicenda solleva interrogativi non solo sulla gestione delle misure preventive, ma anche sull’impatto delle accuse giudiziarie sull’economia e sull’immagine di una persona.
La sentenza del tribunale di Palermo rappresenta una svolta importante per l’ex patron di Girgenti Acque, restituendogli una parte della credibilità persa. Tuttavia, con l’ombra dell’inchiesta “Waterloo” ancora pendente, il futuro legale e imprenditoriale di Marco Campione resta incerto, segnato da battaglie legali che non sembrano prossime alla conclusione.
L’intera vicenda, intanto, lascia una domanda aperta: quante altre storie simili potrebbero celarsi dietro le pieghe della giustizia italiana?