Agrigento – Era l’8 settembre 2021 quando, insieme al mio caro amico e compianto maestro Franco Fasulo, denunciammo pubblicamente lo stato di degrado e pericolo delle ultime mura medievali superstiti della città, quelle che ancora conservano la storica “Porta di Mare”, oggi in via Pietro Nenni.

Già allora evidenziammo come quelle mura – testimoni silenziose di secoli di storia – rischiassero di crollare per l’incuria e il disinteresse, strettamente minacciate dal peso urbanistico dei palazzoni costruiti negli anni del criminale sviluppo edilizio e dalla linea ferroviaria realizzata a ridosso, che ne fu la causa principale della demolizione di gran parte del perimetro antico.

Denunciammo il crollo di un tratto del muretto che chiudeva il terrazzamento sul lato sud, il pericolo costante sui binari ferroviari sottostanti e lo stato di totale abbandono dell’area, con erbacce, rifiuti e degrado. Ricordammo come il Codice dei Beni culturali imponga al proprietario di un bene vincolato la sua salvaguardia e conservazione, e come quella situazione costituisse non solo un danno incalcolabile al patrimonio storico-artistico di Agrigento, ma anche un rischio concreto per l’incolumità pubblica, con treni in entrata e uscita dalla stazione centrale a pochi metri dalle lesioni.

Suggerimmo un intervento urgente della Protezione Civile comunale, richiamando l’esempio di altre città dove, grazie a un’azione rapida, beni simili erano stati salvaguardati.

Oggi, a distanza di quattro anni, nulla è cambiato. Quelle mura sono sempre lì, in balìa dell’incuria, e come se non bastasse l’area è stata nuovamente devastata: le sterpaglie e i rifiuti che le circondavano sono andati a fuoco, lasciando dietro di sé cenere e odore di distruzione. Un incendio che, oltre ad aggravare le già precarie condizioni statiche del sito, dimostra ancora una volta l’assenza di ogni politica seria di tutela e prevenzione.

Il pensiero corre inevitabilmente a Franco Fasulo, artista e intellettuale che amava profondamente la nostra città e che, insieme a me, si batté per difenderla. Franco non si limitava a denunciare: sognava un’Agrigento che sapesse valorizzare ogni pietra della sua storia. Ecco perché oggi, guardando le macerie morali e materiali che abbiamo davanti, la sua assenza pesa ancora di più.

Agrigento non può permettersi di perdere un altro pezzo della sua identità. Continuare a ignorare queste mura significa rassegnarsi a un futuro senza memoria.

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