E’ bellissimo essere giornalisti ad Agrigento. E’ bellissimo soprattutto per quelli che si recano sul posto per vedere con i propri occhi quello che succede, è successo o potrebbe succedere. A troppa gente però questa modalità garantista da molto fastidio. Un passo indietro a qualche giorno fa, quando un ragazzino di 14 anni è stato ricoverato in fin di vita all’ospedale di Palermo perchè trovato all’alba da un senza tetto a terra, sostanzialmente privo di sensi, nei pressi della struttura abbandonata dell’ex Jolly Hotel – Grand Hotel dei Templi, nel cuore del Villaggio Mosè. Incidente mentre era illegalmente nel rudere o tentato suicidio, questo lo dovranno spiegare gli inquirenti. Il ragazzo lotta tra la vita e la morte, mentre la struttura è sempre lì. Immagine di degrado e abbandono che offre da decenni, senza che nessuno sia stato in grado di rilanciare l’uso del fabbricato. Un rudere nel quale entrano ed escono senza fissa dimora, sbandati, tossicodipendenti e altra umanità disagiata. Accedervi è da sempre stato un gioco da ragazzi per chiunque avesse un minimo di mobilità fisica e la vandalizzazione degli interni racconta tutto. Dunque, cosa è successo poco fa? E’ successo che per cercare di raccontare le condizioni dello stabile ci siamo recati nei pressi dello stesso, per scattare prima di tutto qualche foto all’esterno.

L'”interrogario” …
Dopo esserci avvicinati all’area laterale, totalmente accessibile, ci siamo allontanati e abbiamo fatto qualche scatto sulla facciata principale. Ad un tratto un uomo sulla quarantina, alla guida di una utilitaria, ci ha chiesto di avvicinarci per sottoporci a una sorta di interrogatorio. “Chi è lei? Cosa vuole? Perchè ha fatto delle foto? Cosa ci deve fare?” Tutto secondo un copione tipicamente nostrano. Un copione non certo gradevole per chi come il sottoscritto era solo al lavoro. L’uomo ha avuto almeno la gentilezza di ricambiare la fornitura delle proprie generalità, dicendo di essere una sorta di responsabile della struttura. Detto questo, fatta… “conoscenza” si è allontanato come se avesse fatto quello che doveva fare: sapere chi fosse quel rompic… vicino l’ex albergo. Soddisfatta la sua richiesta, chi scrive è andato via, con un retrogusto di amaro in bocca e la speranza che il ragazzino ferito possa guarire, per raccontarci cosa gli sia accaduto. E che prima o poi la struttura incastonata nel cuore del Villaggio Mosè torni a essere un gioiello e non un ricettacolo di degrado e disagio umano.

