Emerge che più cittadini non si sono girati dall’altra parte, facendo finta di non aver visto, né capito cosa fosse successo. E’ arrivata infatti una segnalazione – e dagli inquirenti viene ritenuta un’autentica inversione di tendenza – al numero unico d’emergenza, il 112
Non è stata ancora trovata. Nonostante le ricerche, capillari e meticolose, siano ancora in corso, la pistola che ha ucciso Roberto Di Falco non salta fuori. Non è stata rinvenuta venerdì sera, subito dopo la colluttazione che ha ferito mortalmente il trentottenne di Palma di Montechiaro, né durante la giornata di ieri, né al momento. I poliziotti della squadra mobile della questura di Agrigento continuano, senza alcuna sosta, a cercarla.
Ritrovarla non può che essere indispensabile all’inchiesta. C’è da capire infatti se veramente l’arma si è inceppata, oltre a rilevare – come è scontato che sia – le eventuali impronte digitali. Ma al momento, appunto, ogni ricerca è stata vana. Non è chiaro, non può esserlo, se questa pistola sia stata accuratamente, e chissà dove, nascosta o se sia stata abbandonata da qualche parte. Non ci sono conferme istituzionali al riguardo, ma non può escludersi che siano state fatte delle perquisizioni.
I tre palmesi fermati ieri a metà mattinata, con provvedimento siglato dal pm Gaspare Bentivegna che è stato autorizzato dal procuratore Giovanni Di Leo, domani compariranno davanti al giudice per la convalida. I tre al momento si trovano in carcere. Sono indiziati di “omicidio mediante errore”, un titolo di reato al quale si arriva – sul piano squisitamente giuridico – contestando l’omicidio (ossia l’articolo 575 del codice penale) e l’aberratio ictus (articolo 82 codice penale).
Stando a quanto è emerso, le dichiarazioni acquisite – durante la notte di interrogatori in questura – sarebbero in molti punti contrastanti, se non diametralmente opposte. Gli agenti della squadra mobile non hanno avuto collaborazione neanche da quanti, fra Agrigento e Palma di Montechiaro, gravitano nel “mondo” della compravendita di auto. Emerge però anche che più cittadini non si sono girati dall’altra parte, facendo finta di non aver visto, né capito cosa fosse successo. E’ arrivata infatti una segnalazione – e dagli inquirenti viene ritenuta un’autentica inversione di tendenza – al numero unico d’emergenza, il 112. Quel poco che i cittadini hanno visto, sentito e compreso è stato riferito – anche dopo la segnalazione al 112 – ai poliziotti della sezione Volanti della questura, i primi a giungere all’ingresso del Villaggio Mosè, seguiti naturalmente dalla squadra mobile e dagli agenti della Scientifica.