Secondo alcuni attaccati alle tradizioni, le donne siciliane dovrebbero vivere il lutto vestendo di nero per sempre, senza uscire da casa per chissà quanto tempo. C’è però chi come la show girl Clizia Incorvaia, alla quale è morta da pochi giorni l’illustre suocera, Eleonora Giorgi, che si stupisce per le critiche subite per il suo modo di vivere il distacco con una persona cara. Disgustata per gli insulti di alcuni follower che la accusano di non soffrire, l’empedoclina verace ha preso in mano la situazione, rispondendo a tono: “In Sicilia, un tempo, le signore pagavano per i funerali per piangere. Più persone ostentavano il loro dolore, piangendo la morte del defunto, più significava che quella persona era stata onorata, rispettata e amata. Ancora oggi ci portiamo dietro questo retaggio culturale: se non mostri il tuo dolore, se non ti fai vedere devastato, sembra quasi che non te ne importi nulla, che non rispetti il defunto, che tu abbia già superato la cosa. Devi far vedere che soffri, che stai male, altrimenti la gente pensa che non te ne freghi niente”.
“Quando è morto mio nonno …”
E ancora: “Quando è morto mio nonno Nino, ho iniziato ad avere attacchi di panico. Avevo 23 anni e non ho reagito bene, perché mia mamma era caduta in anoressia. Non mangiava più, non parlava più con noi, piangeva sempre. Sua sorella, mia zia Tania, invece, ha reagito in modo diverso: dopo quattro giorni è tornata a lavorare, è tornata a essere una mamma presente, mentre mia madre restava buttata sul divano, sopraffatta dal dolore. Chi ha reagito nel modo giusto? – si chiede Clizia – mia zia Tania o mia mamma? Io credo mia zia Tania, perché chi ci lascia e va in una vita eterna vorrebbe che noi stessimo bene, che ritornassimo a lavorare, a prenderci cura della nostra famiglia con amore e affetto, a essere uniti, a non trascurare i nostri figli e i nostri compagni. Ed è quello che sto cercando di fare: rimettermi in carreggiata, tornare a lavorare, essere una donna indipendente, perché il mio lavoro mi permette di crescere i miei figli. Per me è importante, sia mentalmente che economicamente. È importante dare ai miei figli, Nina e Gabriele, l’esempio di una donna libera e indipendente. Molte persone, però, ancora non riescono a capire questo. Mi attaccano, restano legate a quel vecchio retaggio culturale dell’ostentazione del dolore. Pensano che, se non mostri il tuo strazio, se continui a lavorare e a vivere, allora significa che non hai sofferto abbastanza, che non hai amato abbastanza. Ma non è così. Mia madre – conclude Clizia – non amava mio nonno più di quanto lo amasse mia zia Tania. Il dolore si vive in modi diversi, e non c’è un modo giusto o sbagliato per affrontarlo. Grazie”. I criticoni saranno soddisfatti?

