Il sindaco “in buona fede” che ha devastato Agrigento

C’è un’espressione che negli ultimi anni ha fatto spesso capolino nelle dichiarazioni ufficiali del sindaco di Agrigento, Francesco Miccichè: “in buona fede”. Una frase diventata ormai uno scudo verbale per giustificare ogni errore, omissione o scivolone politico. Ma quel mantra, oggi, è il marchio indelebile di una gestione fallimentare che ha ridotto la città a un cumulo di problemi e scandali.

“In buona fede”… ma con effetti devastanti

Dalla pubblicazione di un concorso falso per agenti di polizia locale alla gestione opaca dell’avviso per educatori e assistenti sociali, passando per acquisti gonfiati di SUV e computer con fondi destinati alle famiglie: tutto, secondo il sindaco, sarebbe avvenuto in buona fede.

In buona fede ha anche distrutto la Villa del Sole, luogo simbolo dell’infanzia agrigentina, per costruire un asilo in zona vincolata, quando avrebbe potuto realizzarlo in un’area realmente bisognosa.

Sagre, fondi perduti e dirigenti impuniti

“In buona fede” ha speso oltre 20 milioni di euro per eventi, sagre e feste che non hanno lasciato nulla di tangibile alla città. Ha protetto il dirigente comunale condannato dalla Corte dei Conti, pagando le spese legali e evitando procedimenti disciplinari, permettendogli di evitare il rimborso di 120.000 euro.

Ha assegnato, sempre “in buona fede”, lavori pubblici finanziati con fondi PNRR in somma urgenza alle solite ditte, spesso legate agli stessi comuni limitrofi.

Il caso TUA: 3 milioni di euro e un servizio disastroso

Tra le decisioni più gravi, Miccichè ha prorogato il contratto alla ditta TUA, che gestisce il servizio di trasporto pubblico urbano, nonostante un accertato danno erariale di circa 3 milioni di euro. Una truffa ai danni della città, documentata e quantificata, che avrebbe dovuto portare all’immediata interruzione del rapporto contrattuale. Invece, è stato prorogato senza gara, senza trasparenza, premiando chi ha danneggiato i cittadini.

Sul fronte igiene ambientale, ha prorogato per ben due volte un contratto che lui stesso definiva “capestro”. Pur non essendo stato quantificato alcun danno diretto come nel caso TUA, la scelta di evitare procedure ad evidenza pubblica resta profondamente discutibile e contraria a ogni logica di buon governo.

Una lista infinita di danni e opacità

Ha fallito progetti chiave come il bike sharing (290.000 euro bruciati), ha perso 49 milioni di euro per il rifacimento della rete idrica cittadina e ha trasformato il servizio ASACOM in un campo di battaglia legale contro le famiglie con bambini disabili, spendendo il 30% in più solo per rimandare i pagamenti futuri.

Ha consentito l’assunzione di un informatico PNRR a tempo indeterminato con indennità non dovute, e lasciato gestire l’approvvigionamento idrico da fonti inquinate e mai ufficialmente autorizzate a persone vicine alla sua amministrazione.

Il resto è un elenco di errori clamorosi

  • Esternalizzazione del cimitero di Piano Gatta, nel caos più totale.

  • Utilizzo illegale di piazza Vittorio Emanuele come stazione pullman.

  • Mercati su suolo pubblico mai istituzionalizzati dal Consiglio comunale.

  • Rilascio di licenze edilizie illegittime a San Leone.

  • Mancata riapertura del viadotto Akragas, promesso entro il 2023.

  • Consulenti vicini al sindaco: uno arrestato per rapporti con i Santapaola, l’altro ancora indagato.

Conclusione: dalle ceneri, solo se liberi

Miccichè, col suo silenzio e la sua “buona fede”, ha di fatto ridotto Agrigento ad una città devastata. Il prossimo sindaco troverà solo ceneri, e potrà ricostruire solo se sarà davvero libero, capace e non manovrabile da massonerie, clientele e deputazioni deviate.


Report Sicilia continuerà a fare luce su ogni atto, su ogni omissione e su ogni “buona fede” che ha avuto come unico risultato il saccheggio di Agrigento. La città merita giustizia, trasparenza e una nuova stagione politica.

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