Sperava di tornare a vivere una esistenza normale e serena, grazie a un trapianto di reni in un ospedale palermitano, ma una trasfusione “traditrice” gli segnò ancor più la vita, portandolo alla morte. Il calvario dell’agrigentino S.V. si concluse il primo febbraio 2018, dopo aver contratto una patologia epatica HCV a causa delle emotrasfusioni ricevute tra il 10 e il 27 dicembre 2005 nel corso del ricovero. Oggi il Tribunale di Palermo “ristora” quanto meno economicamente i familiari del defunto, condannando il Ministero della Salute a sborsare loro circa 100 mila euro. Il 17 marzo 2010 venne diagnosticata la positività all’HCV-RNA. Dalla documentazione sanitaria emerse che l’agrigentino, al momento della effettuazione delle trasfusioni nel corso del ricovero del 2005 per l’intervento di trapianto renale, non era affetto da malattia epatica.

Un calvario lungo 20 anni

Nel 2021 la madre ed i fratelli di V. S. , assistiti dall’avvocato Vincenzo Mula, hanno convenuto innanzi il Tribunale di Palermo il Ministero della Salute, chiedendo che venisse accertato che il contagio da virus dell’epatite C, provocato al loro congiunto fosse stato determinato dall’omesso comportamento attivo di vigilanza e controllo, in ordine alla effettiva attuazione, nelle varie fasi di approvvigionamento, controllo, sorveglianza e distribuzione del sangue e dei suoi derivati utilizzati nelle terapie trasfusionali, da parte delle strutture sanitarie addette al servizio di quanto ad esse prescritto al fine di prevenire ed impedire la trasmissione di malattie mediante sangue infetto. Inoltre, G. G., V. V. e V. M, hanno chiesto il risarcimento del danno non patrimoniale, cosiddetto edonistico iure hereditatis e iure proprio. Nel corso del giudizio, il Ministero della Salute non ha fornito prove documentali relative alla negatività delle sacche di emazie somministrate a S.V. nelle date del 10.12.2005 e del 27.12.2005, non consentendo di ritenere a priori che le trasfusioni eseguite fossero scevre dalla presenza di HCV.

Il verdetto del Tribunale di Palermo

Di contro la difesa dei parenti di V.S. ha sostenuto che secondo “il criterio del ‘più probabile che non’, in assenza della malattia al momento delle emotrasfusioni, mancata vigilanza sul controllo delle sacche ematiche, insorgenza della positività a 5 anni dalle emotrasfusioni, assenza di rischi alternativi maggiori rispetto alle emotrasfusioni era da considerarsi provato il nesso di causa tra le emotrasfusioni subite dal defunto e la patologia da HCV. Il Giudice, accogliendo la tesi difensiva dei familiari, ha ritenuto che ricorresse, quindi, una responsabilità colposa del Ministero della Salute per non avere assolto ai suoi obblighi di vigilanza sulla adozione delle misure idonee a prevenire ed impedire la trasmissione di malattie mediante il sangue infetto. Per questi motivi il Tribunale di Palermo – Sez. 3 – giudice Angela Notaro “avendo accertato che le comorbilità pregresse ascrivibili al severo decadimento delle condizioni cliniche, conseguenti alle pluripatologie di cui il paziente era affetto hanno avuto un ruolo predominante nella causazione della morte di V.S.”, ha accolto le tesi dell’avvocato Vincenzo Mula e, pur effettuando in via equitativa un abbattimento del 70% delle somme liquidate, ha condannato il ministero della Salute a risarcire i suoi familiari in proprio e nella qualità di eredi con oltre 100 mila euro, oltre al pagamento delle spese di lite, in conseguenza del fatto illecito.