Un solo comune in regola su 123. È questa la fotografia impietosa dello stato dei Piani di Utilizzo del Demanio Marittimo (PUDM) in Sicilia. Tutti gli altri 122 comuni costieri restano indietro, incapaci di completare un adempimento che avrebbe dovuto rappresentare la base della pianificazione costiera e condizione necessaria per il rilascio delle nuove concessioni demaniali.

Agrigento in “alto mare”

In provincia di Agrigento la situazione riflette il quadro regionale: nessun comune costiero è in regola. Una dimostrazione plastica – sottolinea più di un osservatore – del livello di inefficienza, di disorganizzazione e di mancanza di visione istituzionale che caratterizza gli enti locali.

L’intervento della Regione

Di fronte a questo immobilismo, il governo regionale sta predisponendo una norma “salvagente” per sostituirsi ai comuni inadempienti. Una mossa che arriva dopo anni di rinvii, sollecitazioni e richieste di commissariamento rimaste senza effetti concreti. Più che un’azione di programmazione, appare come un atto emergenziale volto a tamponare una situazione ormai insostenibile.

Come osserva l’architetto Gero Niesi, vice presidente di Confcommercio Agrigento con delega al Demanio:

“I comuni non hanno dimostrato di saper dare seguito a norme precise e procedure preconfezionate. Tanto valeva che la Regione si assumesse questo compito sin dall’inizio, evitando anni di incertezza e lasciando gli operatori in balia di regole mutevoli e di un vuoto normativo che dura da troppo tempo.”

Il nodo delle concessioni

In assenza dei PUDM, le concessioni demaniali continuano a essere rilasciate senza una cornice di regole chiare e uniformi. Un sistema che in alcuni territori – come quello di Agrigento – si è tradotto in vere e proprie “zone grigie” dove, come denunciato da tempo, le autorizzazioni diventano terreno fertile per clientele politiche ed equilibri elettorali, anziché strumenti di pianificazione e sviluppo turistico.

Il rischio dell’ennesima occasione persa

L’accelerazione annunciata dalla Regione sarà efficace solo se tradotta in una programmazione concreta, capace di garantire regole certe, attrarre investimenti e tutelare un patrimonio costiero che rappresenta la vera ricchezza della Sicilia.

“Il settore balneare – prosegue Niesi – è stato preso di mira da una gogna mediatica che non fa distinzione tra chi lavora onestamente e chi sfrutta le falle del sistema. Oggi ci si consola con la valutazione di 93 PUDM, ma questo non basta a cancellare anni di stallo e occasioni mancate.”

La speranza, adesso, è che questa sia davvero l’ultima occasione persa e che la Sicilia smetta di giocare al rimpallo delle responsabilità. Perché senza regole certe e trasparenti, ogni discorso di sviluppo turistico e valorizzazione delle coste rischia di restare sulla carta.

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