(Favara, 18 giorni di angoscia e silenzio)
Dopo 18 giorni dal drammatico evento che l’ha vista scomparire, i familiari di Marianna Bello, 38 anni, vittima dell’alluvione che ha colpito Favara il 1 ottobre, hanno deciso di rompere il silenzio.
Questa mattina, presso la sede dell’associazione cacciatori “Il Nibbio” in via Olanda — a pochi passi dal centro di coordinamento dei soccorsi — si è svolta una conferenza stampa, alla presenza della sorella Flavia Bello, del marito Renato Salamone e dell’avvocato Salvatore Cusumano, che rappresenta la famiglia.
Ringraziamenti e appello
L’avvocato Cusumano ha voluto in primo luogo ringraziare le istituzioni che hanno partecipato alle ricerche: il comando provinciale dei Carabinieri, la Questura di Agrigento, il Comando provinciale dei Vigili del fuoco, la Protezione civile, il sindaco, il presidente dell’AICA (che ha fornito mezzi) e le istituzioni religiose locali.
Ma subito dopo è arrivato l’appello forte: «Le ricerche si interromperanno entro il ventesimo giorno dalla scomparsa», ha ricordato l’avvocato, ma la famiglia chiede che si prosegua «affinché Marianna possa tornare a casa, affinché si possa dare una degna sepoltura alla ragazza, affinché i figli possano piangere la propria madre e fare preghiere in un luogo degno e certo».
Cusumano ha inoltre richiamato un precedente simile, avvenuto nel 2016 a Sciacca, dove le ricerche oltrepassarono i venti giorni. Da qui l’appello alle più alte cariche dello Stato: al Presidente della Repubblica, al Presidente del Consiglio, al Ministro dell’Interno, al Prefetto affinché “proseguano le ricerche”.
I contorni della vicenda
La drammatica scomparsa di Marianna si inserisce in un contesto di alluvione: l’evento meteorologico che ha colpito Favara il 1 ottobre ha portato acqua, fango e devastazione. La donna è stata “inghiottita” da acqua e fango — così recita la cronaca — ed è tutt’ora dispersa.
Nel corso della conferenza, la famiglia ha fatto presente che, una volta concluse le ricerche, presenterà un esposto alla Procura di Agrigento per accertare le responsabilità della Protezione civile e la correttezza della manutenzione del convogliatore delle acque. «Se la manutenzione fosse stata fatta, oggi non saremmo qui a cercare Marianna», ha detto Cusumano.
L’avvocato ha ricordato inoltre che la famiglia è pronta a costituirsi parte civile qualora la Procura individui eventuali responsabili. «Non sarà un ristoro per la perdita della signora Bello, ma servirà per mantenere la responsabilità pubblica come se fosse propria».
Le parole della sorella
A chiudere la conferenza è intervenuta Flavia Bello, con voce visibilmente commossa: «Ringraziamo chiunque ci abbia dato aiuto, anche la comunità favarese. Noi non sappiamo cosa dire ai bambini, che continuano a chiedere. L’unica speranza è che Marianna torni a casa, in qualunque condizione essa sia. Chiediamo solo che le ricerche continuino».
Perché è importante
Questo caso presenta diversi elementi che meritano attenzione:
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La dimensione delle conseguenze delle alluvioni e del dissesto idrogeologico in aree come la Sicilia agrigentina, che evidenziano la vulnerabilità del territorio.
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Il tema della tempestività e dell’efficacia degli allarmi e della Protezione civile: la famiglia chiede di verificare se l’allerta – definita “gialla” – fosse effettivamente adeguata e se il convogliatore delle acque fosse mantenuto correttamente.
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L’aspetto umano e sociale: una donna madre di famiglia scomparsa, due figli che chiedono della mamma, una comunità che assiste e spera.
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Il richiamo alla responsabilità pubblica e alla trasparenza delle istituzioni: l’esposto alla Procura segnala che accanto al dolore c’è anche voglia di verità e di prevenzione futura.
Cosa chiedono i familiari
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Proseguimento immediato delle ricerche oltre il ventesimo giorno dalla scomparsa, affinché Marianna possa “tornare a casa” — anche solo per permettere ai figli di piangere e pregare in un luogo certo.
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Verifica e accertamento delle modalità con cui è stata gestita l’allerta meteo e la manutenzione delle infrastrutture idriche (in particolare del convogliatore delle acque).
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Responsabilità pubblica: qualora emerga una responsabilità da parte delle istituzioni, la famiglia si costituirà parte civile per “mantenere la responsabilità pubblica come se fosse propria”.
Quali scenari aprono
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Se le ricerche verranno interrotte senza esito, si potrebbe aprire una lunga fase di gestione dell’assenza, del lutto «senza corpo» e delle conseguenze psicologiche per la famiglia.
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Qualora emergessero falle nella manutenzione o nella gestione dell’allerta, si potrebbero avviare procedimenti giudiziari, e ci sarebbe uno stimolo a rafforzare le procedure per la gestione del rischio idrogeologico in Sicilia.
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C’è anche l’opportunità di riflettere su come le comunità locali reagiscono a eventi estremi, e su quali strumenti hanno per tutela e prevenzione.

