L’ennesima aggressione nei confronti del personale di polizia penitenziaria del carcere “Di Lorenzo” di Agrigento ha portato nuovamente alla ribalta la grave situazione all’interno dell’istituto. Oggi, durante una rissa tra fazioni opposte di detenuti, due agenti sono stati coinvolti e hanno avuto la peggio: uno di loro ha dovuto ricorrere alle cure dei sanitari del carcere, mentre l’altro è stato trasportato d’urgenza in ospedale.
Questo episodio è solo l’ultimo di una serie di violenze che sembrano essere diventate una consuetudine all’interno del penitenziario. La tensione crescente tra i detenuti e le condizioni di lavoro sempre più difficili per il personale di polizia penitenziaria stanno creando un ambiente insostenibile. A peggiorare la situazione, ieri un sottufficiale del corpo ha avuto un malore all’interno dell’istituto, presumibilmente a causa dello stress a cui è quotidianamente sottoposto. La combinazione di turni massacranti, che spesso raggiungono le 12 ore giornaliere, e una pianta organica fortemente ridotta sta mettendo a dura prova la salute e la resistenza degli agenti.
Il cambio di guida del personale di polizia penitenziaria, avvenuto a luglio, non sembra aver portato miglioramenti significativi. L’attuale dirigenza si trova ora ad affrontare una situazione estremamente complessa, con la necessità impellente di intervenire per garantire la sicurezza del personale e riportare l’ordine all’interno del carcere. La carenza di organico, unita ai turni estenuanti, richiede un intervento immediato da parte delle autorità competenti per evitare che episodi come quello di oggi diventino ancora più frequenti e gravi.
Il carcere “Di Lorenzo” di Agrigento si trova ora di fronte a una crisi che non può più essere ignorata. È urgente che vengano prese misure per potenziare il personale e migliorare le condizioni lavorative degli agenti, affinché possano svolgere il loro delicato compito in sicurezza e con la dovuta serenità.
Una situazione al quanto disastrosa che se non verrà presa sul serio rischia il morto. Lo stato deve riappropriarsi del controllo