Gli agrigentini, soprattutto quelli meno giovani, ricordano perfettamente dov’erano e cosa facevano quell’alba del 19 luglio 1966. L’alba della frana che sfregiò il centro storico della loro città, dopo i guasti del boom edilizio del dopoguerra che, solo per miracolo e anche per l’azione tempestiva del netturbino Francesco Farruggia non causò morti. Le urla dell’operatore ecologico che avvisava tutti i residenti della zona dell’Addolorata e del Rabato fecero svegliare tutti, facendoli scappare dalle case in strada. Poi, furono crolli e gente impazzita per le vie della città, in cerca di riparo. Poi fu il nuovo “sacco di Agrigento”, quando le speculazioni edilizie tollerate e assecondate dagli amministratori dell’epoca sfregiarono quello che oggi si chiama “sky line” della città, con gli orrendi “tolli” che svettano sulle casette del centro storico. Questo avvenne quel giorno di 59 anni fa, un lasso di tempo notevole, che oggi non registra alcun trasporto emotivo tra le istituzioni, ma anche tra la gente stessa. Forse, solo chi ha vissuto direttamente quelle devastazioni, ha ancora qualche cicatrice nel cuore da curare, ma per il resto solo sbiaditi ricordi dei “sopravvissuti”. Nessuna occasione di ricordo ufficiale è prevista in una città in cui quella tragedia nulla ha insegnato. Come 59 anni fa altre frane interessano il territorio, soprattutto nella zona alta della città, in primis quella in corso da anni tra la stazione centrale, la via Acrone e la sottostante via Esseneto. Strade chiuse, locali sgomberati, palazzi crepati sotto i colpi di reti idriche bucate e terreni friabili come sabbia. In questi anni l’unico grande intervento effettuato a tutela del territorio è quello per consolidare il colle dove sorge la cattedrale, con uno straordinario lavoro di “terrazzamento” che certamente, garantirà la zona per diversi decenni. Un’oasi nel deserto.
Dopo 59 anni …



Agrigento oggi è un teatro di scandali, inefficienze, scarso senso civico, clientelismo e giovani che scappano per studiare o lavorare altrove. Chi resta aspetta che il politico potente di turno gli trovi un posto all’Asp, nelle aziende dei rifiuti o all’Aica, fino a quando una intercettazione “sputtani” tutto e tutti, stupendosi poi di chi si stupisce e indigna. La frana del 1966 si ripete metaforicamente ogni giorno – sotto altre forme – in una città addormentata, sveglia solo quando si tratta di arraffare denaro pubblico, con spettacoli farlocchi, opere pubbliche che mai si completeranno, intrallazzi dentro e intorno le istituzioni, crisi idrica e altre nefandezze. Tutto dinanzi a una opinione pubblica capace di “ribellarsi” (quasi sempre) solo sui social. Qualcosa da salvare? Sì, il coraggio e la forza di chi ancora si indigna e denuncia quello che non funziona. Nel 2026 saranno 60 dalla frana del 1966. Qualcosa migliorerà da qui a 12 mesi? Difficile, anche perchè il prossimo anno si voterà per il nuovo sindaco e il consiglio comunale. Tutto ruota sempre attorno alla politica, una politica fatta sempre dagli stessi personaggi, troppo spesso sospesi tra incapacità, sciacallaggio e delinquenza in doppiopetto. Oggi è il giorno del ricordo di quel 19 luglio 1966, fermiamoci qui, prendendo ad esempio quel Francesco Farruggia, eroe silenzioso che urlando una volta, salvò tanta gente.

