CALTABELLOTTA – Da uno dei protagonisti della vita politica e culturale della provincia di Agrigento arriva un’analisi lucida e amara sull’esperienza di Agrigento Capitale Italiana della Cultura 2025. L’on. Calogero Pumilia, intervistato da Giuseppe Di Rosa nel suo studio a Caltabellotta, non usa mezzi termini: “Non c’è stata Agrigento Capitale della Cultura. È stato un fallimento su tutta la linea”.
Seduti davanti a un panorama che abbraccia mare e monti, in una giornata limpida di fine luglio, Pumilia ripercorre il senso profondo – tradito – di un riconoscimento che avrebbe dovuto “elevare il tono delle proposte culturali” e invece, afferma, “è stato vissuto come una piccola occasione di potere locale”.
“L’amministrazione comunale è stata di fatto estromessa. Non ha capito il senso del progetto, che era stato premiato come il migliore dal Ministero. Non hanno saputo coinvolgere né la città né la provincia”, dichiara l’onorevole, con rammarico ma anche con schiettezza.
Nell’intervista integrale, Pumilia sottolinea che l’intera provincia è rimasta ai margini, nonostante fosse parte integrante del progetto validato dal Ministero della Cultura, assieme a Lampedusa. “Lampedusa doveva essere protagonista. Invece è stata ignorata. E la provincia assente”.
Uno dei passaggi più significativi è la critica alla gestione iniziale del progetto:
“Si è partiti con la creazione di una Fondazione composta da persone perbene ma del tutto fuori dalle competenze necessarie. Non è stato costituito un comitato scientifico di alto profilo, e si è proceduto a realizzare iniziative anche valide, ma completamente scollegate da un disegno strategico”.
Pumilia evidenzia anche l’inadeguatezza dell’intervento regionale, arrivato tardi, quando “non si poteva più rimettere il dentifricio dentro il tubo”. Neppure la nomina del nuovo direttore è bastata: “Persona di qualità, ma chiamata a rimediare in una situazione già compromessa”.
Infine, una riflessione amara: “Agrigento, invece di valorizzare il titolo, ha finito per svilirlo. Il turismo è diminuito, mentre altre città capitali hanno visto un netto incremento. Chiudere un’iniziativa culturale come Alfa, che avevo sostenuto io stesso, è stato paradossale. È mancata una regia, una visione. E la città non si è mai sentita parte del progetto”.
Nelle sue parole si legge delusione ma anche affetto per una terra che avrebbe meritato di più. E un monito: “Non basta il titolo, serve una visione. Altrimenti, anche la più grande delle occasioni si trasforma in un’occasione perduta”.
A corredo l’intervista integrale


