L’omicidio di Paolo Taormina della scorsa notte a Palermo, assassinato con un colpo di pistola alla fronte dopo avere sedato una rissa davanti al proprio locale, ricorda quello che avvenne nel 2017 a Canicattì. Allora a cadere dopo un atto di coraggio e generosità fu il giovane canicattinese Marco Vinci. Per quel delitto i giudici della Corte di Cassazione rigettarono il ricorso della difesa e confermarono la condanna a 30 anni di carcere, inflitta dal Tribunale di Agrigento e anche in Appello a Daniele Lodato. Il giovane pregiudicato canicattinese che la notte del 18 giugno 2017 uccise a coltellate Marco Vinci di 22 anni, venne condannato con esclusione della premeditazione, ma con il riconoscimento dei modi abietti e futili. Il delitto, avvenne in piazza Dante, nei pressi della chiesa di San Domenico e scaturì dopo che Vinci, secondo quanto ricostruito dai carabinieri, avrebbe difeso un’amica che era con lui in un locale. Il processo si era tenuto con il rito abbreviato. Secondo la difesa, Lodato avrebbe reagito dopo essere stato picchiato da più persone dopo avere avuto la lite con Marco Vinci. L’omicidio di Marco Vinci, 22 anni, è avvenuto nei pressi di un pub di Canicattì, dove alcune settimane dopo i genitori e gli amici inaugurarono una stele in sua memoria. Furono due fendenti ad uccidere il ventiduenne che lo raggiunsero al cuore così come ha stabilito l’autopsia. Coltellate sferrate da Lodato, che sempre secondo quanto ricostruito dai carabinieri dopo la lite con Vinci si sarebbe allontanato dal luogo della lite per andare a casa, armarsi e poi aggredire il ventiduenne rimasto a terra in una pozza di sangue e morto mentre veniva trasportato in ospedale. Una tragedia che a Canicattì in tanti ancora ricordano con commozione e sgomento. Un esempio di slancio morale che soprattutto tra i giovani stenta ad attecchire, ma che ogni tanto fa registrare qualche rigurgito e che, a volte, sfocia in tragedia come ieri notte nel centro di Palermo. 

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