Peppino Impastato: il coraggio delle parole contro la violenza del potere mafioso
Cinisi, 9 maggio 1978. Mentre l’Italia si fermava sconvolta per il ritrovamento del corpo di Aldo Moro, un’altra tragedia, più silenziosa ma altrettanto emblematica, si consumava in Sicilia: Peppino Impastato, attivista, giornalista, militante politico e voce libera contro la mafia, veniva brutalmente assassinato da Cosa Nostra.
Aveva solo 30 anni, ma in quel breve arco di tempo Peppino era riuscito a smascherare con ironia e intelligenza il potere mafioso che soffocava il suo territorio. Lo faceva dai microfoni di Radio Aut, con rubriche come “Onda pazza”, dove denunciava apertamente le connivenze tra criminalità organizzata, politica e malaffare, spesso prendendo di mira proprio il boss locale Gaetano Badalamenti.
La mafia, che non tollera la parola, decise di zittirlo in modo atroce: lo uccise e fece esplodere il suo corpo sui binari della ferrovia. Per anni, le istituzioni tentarono di coprire il delitto, parlando di attentato terroristico o suicidio. Ma la forza della memoria, il coraggio della madre Felicia e del fratello Giovanni, e l’impegno dei compagni di militanza non permisero che l’oblio coprisse la verità. Solo molti anni dopo, nel 2002, Badalamenti fu condannato come mandante dell’omicidio.
Oggi, Peppino Impastato è un simbolo di libertà, di resistenza civile, di giustizia e di dignità umana. È il volto di una Sicilia che non si arrende e che ha scelto da che parte stare. La sua storia viene raccontata nelle scuole, nelle piazze, nei teatri, nei film e nei libri. Non è solo memoria, è esempio vivo per intere generazioni.
A Cinisi, la sua casa è divenuta Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato, un luogo di incontro e di formazione per migliaia di giovani che ogni anno rinnovano l’impegno alla lotta antimafia, proprio dove lui visse e da dove iniziò a gridare al mondo che “la mafia è una montagna di merda”.
Report Sicilia lo ricorda oggi con rispetto e ammirazione, unendosi al coro di chi, come Peppino, crede che “se si insegnasse la bellezza, la gente darebbe un senso alla propria vita e non si lascerebbe più calpestare dalla sopraffazione”.
Per non dimenticare. Per continuare a lottare.

