di Roberto Tripodi

A vincere il concorso è stato il progetto peggiore, quello più invasivo e che meno rispetta il paesaggio e il monumento, gli altri tre progetti sono di gran lunga migliori, del tutto attenti alle esigenze di conservazione, protezione e valorizzazione dell’antico teatro di Eraclea, inoltre si inseriscono con garbo nel paesaggio senza imporsi su di esso.

Il progetto vincente non prende in considerazione l’intera cavea, prevedendo la protezione solo dell’area comprendente i sedili e non tenendo in alcun conto l’ampio pendio che pure, secondo gli studi degli archeologi (per questo si veda il bel volume di Ernesto De Miro sull’area archeologica di Eraclea Minoa) era parte integrante del koilon, costituendone la parte più alta; in questa parte, quindi stravolgendola, viene poggiata la grande struttura moderna. Nello stesso progetto il piano dell’orchestra viene sopraelevato con una pavimentazione flottante in legno che oblitera il piano di calpestio antico del teatro; viene anche nascosto, non ve ne è traccia negli elaborati, l’euripo, il canale di scolo delle acque piovane che margina il fondo delle gradinate. Tutto ciò impedisce la completa e corretta fruizione del monumento antico, limitando la stessa alla sola visione dei resti delle gradinate che vengono del tutto incassate in questa nuova costruzione teatrale, si potrebbe dire che l’unica parte che resta visibile viene confinata all’interno di una grande vetrina che decontestualizza il reperto escludendolo dal suo intorno.

Gli elaborati concorsuali sono facilmente scaricabili e visionabili all’indirizzo https://www.concorsiawn.it/teatro-eraclea/home e, perciò, invito i critici, prima di esprimere giudizi affrettati, a visionare gli elaborati dei progetti partecipanti alla fase finale del concorso, si tratta di tre tavole per progetto, più le relative relazioni, interessanti, soprattutto, nella parte economica.

Anche se non compaiono i nomi e le professionalità dei progettisti, sembra più che evidente la totale assenza degli esperti del settore archeologico e del restauro, cioè mancano proprio quelle professionalità di alto livello richieste dall’art. 9bis del Codice dei Beni Culturali.

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