Agrigento – L’allarme PFAS (sostanze poli- e per-fluoroalchiliche) nelle acque potabili italiane si fa sempre più preoccupante. Dopo la pubblicazione della prima mappa della contaminazione da parte di Greenpeace Italia, diverse amministrazioni locali e enti gestori hanno annunciato piani di monitoraggio e pubblicazione trasparente dei dati, ma il silenzio del governo sulla questione resta inaccettabile.

Tra settembre e ottobre 2024, Greenpeace ha raccolto campioni di acqua in 235 città italiane, evidenziando che il 79% dei campioni analizzati è contaminato da PFAS, con livelli allarmanti di sostanze tossiche e potenzialmente cancerogene. Ad Arezzo, città con la maggiore concentrazione di PFAS rilevata, l’ente gestore si è subito attivato per nuove analisi, escludendo la presenza attuale di contaminanti. Tuttavia, Greenpeace insiste sulla necessità di monitoraggi costanti in tutta Italia per garantire che l’acqua del rubinetto sia sicura e priva di sostanze pericolose.

PFAS: inquinanti pericolosi, ma ancora senza un divieto di produzione e utilizzo

Secondo Greenpeace, le attuali normative italiane non sono sufficienti a proteggere la popolazione. Alcuni composti PFAS, come il PFOA e il PFOS, sono riconosciuti come cancerogeni o sospetti tali, eppure nel nostro Paese non esiste ancora una legge che vieti la loro produzione e utilizzo.

Nel suo rapporto, Greenpeace sottolinea che altri Paesi hanno adottato limiti più severi, come gli Stati Uniti e la Danimarca, mentre in Europa la Federazione Europea delle Associazioni Nazionali di Servizi connessi all’Acqua (EurEau) ha chiesto un bando totale delle sostanze PFAS, denunciando che:

“L’inazione significa costi crescenti: per eliminare questi composti dal ciclo dell’acqua servono tecnologie avanzate e costose, mentre la prevenzione è l’unica strada sostenibile. Serve un divieto immediato e il principio ‘chi inquina paga’ deve essere applicato con rigore”.

Greenpeace: “L’inazione del governo Meloni è inaccettabile”

Se a livello locale diversi Comuni hanno risposto all’appello, come in Umbria, Arezzo, Ancona e Caserta, con la promessa di monitoraggi regolari, Greenpeace denuncia la totale assenza di una risposta nazionale da parte del governo Meloni, che continua a ignorare il problema nonostante le prove evidenti della pericolosità dei PFAS.

“Il governo deve rompere il silenzio su questa crisi: i cittadini hanno diritto a bere acqua pulita, libera da veleni e contaminanti”, afferma Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace Italia.

“Garantire a tutti un’acqua sicura significa proteggere la salute pubblica, ridurre le emissioni di gas serra e l’inquinamento da plastica legato al consumo di acqua in bottiglia. È una scelta di sostenibilità e giustizia ambientale.”

L’Italia ha bisogno di una legge contro i PFAS

Greenpeace chiede azioni immediate per tutelare la popolazione e l’ambiente:
Monitoraggi obbligatori in tutte le città italiane e pubblicazione trasparente dei risultati.
Divieto immediato di produzione e utilizzo dei PFAS su tutto il territorio nazionale.
Applicazione del principio “chi inquina paga”, per far ricadere i costi della bonifica sulle aziende responsabili.

L’inquinamento da PFAS è un’emergenza che non può più essere ignorata, e Greenpeace è pronta a collaborare con gli enti locali per garantire controlli congiunti e un approccio più rigoroso alla sicurezza dell’acqua potabile.

Ma fino a quando il governo continuerà a non agire, il rischio per la salute pubblica resterà altissimo.

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