Il Circolo Rabat e Mare Nostrum chiedono all’AdSP di negare la concessione demaniale per il dissalatore di Porto Empedocle: “Gravi rischi ambientali e paesaggistici”.
PORTO EMPEDOCLE – Si alza il fronte del no contro la permanenza dell’impianto di dissalazione attivo nell’area portuale. Il Circolo Rabat di Legambiente, insieme ad altre associazioni e al comitato Mare Nostrum, ha presentato un’istanza formale all’Autorità di Sistema Portuale del Mare di Sicilia Occidentale (AdSP) chiedendo che non venga rilasciata la concessione demaniale marittima alla società che gestisce l’impianto.
La richiesta nasce da una serie di criticità di carattere urbanistico, paesaggistico e ambientale. Secondo Legambiente, la struttura è stata realizzata in un’area non conforme ai piani regolatori vigenti e rischia di condizionare in modo irreversibile il futuro della zona, oggi interessata anche dalla dismissione della centrale ENEL. “La permanenza di questo impianto – spiegano – compromette ogni possibilità di intervento coerente con le esigenze di tutela ambientale e con uno sviluppo turistico sostenibile del territorio”.
I rischi ambientali
Tra le principali preoccupazioni vi è l’impatto sull’ecosistema marino. Il prelievo di acqua all’interno del porto – sottolineano le associazioni – potrebbe comportare l’immissione nell’impianto di sostanze inquinanti quali metalli pesanti e idrocarburi, mentre lo scarico della salamoia, caratterizzata da un’elevata concentrazione di sale e degli stessi inquinanti, rappresenterebbe una minaccia per la biodiversità marina.
Gli effetti previsti includono:
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alterazione dell’habitat naturale e danni alla pesca locale,
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distruzione dei siti di ovodeposizione della tartaruga marina Caretta caretta,
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rischio per la Posidonia oceanica, habitat protetto a livello europeo e fondamentale per l’equilibrio dei fondali e la produzione di ossigeno.
Ulteriori criticità riguardano la totale assenza di studi sulle correnti marine, indispensabili per valutare la reale dispersione della salamoia e il suo impatto nel lungo periodo.
La mancanza di trasparenza
Legambiente solleva inoltre un punto politico e amministrativo: l’impianto sarebbe stato avviato senza un’adeguata istruttoria e senza il necessario confronto con il Comune di Porto Empedocle. Questo, secondo il Circolo Rabat, “crea un grave e inaccettabile condizionamento del consiglio comunale, chiamato a discutere a posteriori di decisioni già prese e di fatto calate dall’alto”.
Le richieste
In conclusione, Legambiente Agrigento chiede:
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l’immediato rilascio dell’area da parte della società occupante;
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in alternativa, l’inserimento del progetto in una valutazione ambientale integrata, con studi specifici sull’impatto;
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misure di mitigazione a tutela della fauna marina e contro l’inquinamento acustico e visivo;
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il coinvolgimento della comunità locale e delle associazioni ambientaliste in un vero percorso di consultazione pubblica.
La battaglia per Porto Empedocle si inserisce così in un più ampio dibattito sul futuro della costa agrigentina, tra tutela ambientale, necessità idriche e scelte di sviluppo che chiamano in causa la responsabilità di istituzioni e imprese.

