Dalle intercettazioni della Procura emergono dialoghi su milioni di euro spartiti tra i gruppi parlamentari. Il presidente dell’Ars gestiva personalmente la manovra estiva del 2024.

Palermo – “Noi dovevamo dare 7 (700 mila euro, ndr) alla maggioranza e 4 (400 mila euro, ndr) alla minoranza”. Una frase, captata dalle cimici della Guardia di Finanza negli uffici del presidente dell’Ars Gaetano Galvagno, squarcia il velo su ciò che è stato definito un sistema parallelo di gestione dei fondi pubblici. Fondi destinati non solo alla maggioranza, ma anche all’opposizione, nell’ambito della manovra estiva di agosto 2024, passata alla storia come il “maxiemendamento delle mance”.

Le rivelazioni arrivano dall’approfondita inchiesta di LiveSicilia, che ha ricostruito nel dettaglio le conversazioni intercettate dalla Procura di Palermo nell’ambito dell’indagine che coinvolge l’attuale vertice dell’Assemblea Regionale Siciliana.

Una manovra cucita su misura

Secondo gli investigatori, il presidente Galvagno, in qualità di guida politica e amministrativa dell’Ars, avrebbe avuto la disponibilità diretta di milioni di euro da assegnare sotto forma di contributi, finanziamenti, sagre e manifestazioni. Un fiume di denaro inserito “a colori differenti” tra gli emendamenti, per evitare che si risalisse ai reali beneficiari.

Gli atti parlano di 59 milioni di euro per il Parlamento, 38 alla maggioranza, 2,5 al gruppo misto, e 750 mila euro al Comune di Avola, il tutto scandito tra elenchi di eventi e richieste che venivano codificate con soprannomi o numeri per eludere un tracciamento diretto.

Tra i destinatari delle somme, anche il gruppo parlamentare Sud Chiama Nord, guidato da Cateno De Luca, che secondo le ricostruzioni avrebbe chiesto ben 140 emendamenti da 100 mila euro ciascuno, per un totale teorico di 14 milioni di euro, da distribuire su tutta la provincia di Messina.

Le intercettazioni: un affare bipartisan

Le conversazioni registrate tra Galvagno e il suo collaboratore Alberto Fusco (non indagato), mostrano una gestione politica del denaro pubblico su base bipartisan: “Abbiamo preso veramente tanto tempo per sistemare tutto… oggi chiedo alla maggioranza, domani all’opposizione”, dice Fusco.

E Galvagno aggiunge: “A noi comunque questa cosa ci avvantaggia, perché siamo per la prima volta quelli con cui tutti parlano”.

Il tutto, annotano i finanzieri, avveniva in un clima informale e familiare, con cifre decise “in base all’utilità politica ed elettorale” e poi nascoste tra le pieghe della legge di bilancio attraverso codici, colori e voci mascherate.

Una manovra a trazione FdI

Secondo quanto emerge, il maxiemendamento era interamente “a trazione nostra, 100%”, afferma Galvagno, riferendosi evidentemente a Fratelli d’Italia, il suo partito. Nessuna condivisione con altri partiti della coalizione: “Non c’è Uomo 8, non c’è Uomo 72”, ribadisce.

Ma sono proprio le sigle omissate – “Uomo 56”, “Uomo 70”, “Uomo 71” – ad attirare l’attenzione degli inquirenti. Dietro quei numeri, secondo gli investigatori, si celano deputati regionali di ogni schieramento, che avrebbero ricevuto fondi pubblici in cambio di sostegno politico o silenzio.

E ora?

L’inchiesta è ancora in corso. Intanto è stata chiusa l’indagine sull’assessore regionale Elvira Amata, coinvolta in un filone parallelo, mentre il suo segretario si è dimesso. Le Fiamme Gialle hanno acquisito documenti riservati nei palazzi dell’Ars e della Regione, e si attendono sviluppi che potrebbero travolgere altri vertici istituzionali.

La domanda che molti siciliani si pongono è semplice ma inquietante: è questa la gestione della cosa pubblica che meritano i cittadini?


Fonte: LiveSicilia.it – Articolo rielaborato per Report Sicilia.

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