Agrigento – Via Quartararo – Contrada Calcarelle: una zona scolastica tra pericoli, incuria e silenzi istituzionali.
Mi chiamo come tanti.
Sono un genitore qualunque, uno di quelli che ogni mattina accompagna i figli a scuola con la macchina, perché in questa città – Agrigento – il trasporto pubblico è un concetto astratto, quasi mistico.
Ogni giorno percorro via Quartararo, Contrada Calcarelle. Una strada che, sulla carta, dovrebbe essere il cuore dell’istruzione agrigentina: ci sono quattro scuole superiori, un’università, centinaia di ragazzi, insegnanti, personale. Gente che ha diritto di andare a scuola o al lavoro in sicurezza. Invece, ogni giorno, è una roulette.
Una strada scolastica… ma dimenticata da tutti
Partiamo dal fondo stradale: dossi naturali, non artificiali. Parlo di veri e propri sollevamenti dell’asfalto, buche che sembrano crateri e un avvallamento centrale che con la pioggia diventa una trappola. Non servono esperti per capire che lì prima o poi qualcuno si farà male.
Poi ci sono i muri di contenimento. Tutta la strada è in salita e quei muri la costeggiano interamente. Solo che non sono dritti. Sono inclinati verso i marciapiedi, verso le persone. I ragazzi ci camminano accanto ogni mattina, e io mi domando: ma dobbiamo aspettare che uno di quei muri ceda per fare qualcosa?
E intanto i marciapiedi? Stretti, dissestati, a volte inesistenti. Gli studenti camminano sull’asfalto, a pochi centimetri dai motorini che arrancano su per la salita. Perché sì, è tutto in salita. E mentre i motorini scoppiettano, i pedoni si stringono lungo i margini, tra buche, auto parcheggiate ovunque e curve cieche.
Un’area scolastica trattata come un vicolo abbandonato
Siamo in una zona scolastica. Ma qui sembra che lo Stato abbia fatto check-out da anni. Nessuna messa in sicurezza, nessun intervento. Le scuole sono lì da sempre. I pericoli anche. Ma nessuno vede. O meglio: fanno finta di non vedere.
Io non sono un tecnico, non sono un politico, non sono un ingegnere. Sono un padre. E come tanti altri genitori, mi porto dentro la paura. Perché so che se succede qualcosa, ci diranno che “non si poteva prevedere”.
E invece sì, si può. Basta volerlo.
Un appello civile, non una polemica
Non sto scrivendo per fare polemica. Scrivo perché non voglio dover spiegare a mio figlio, un giorno, che è andata così perché nessuno ha avuto il coraggio di dire le cose come stanno.
Sistemate quella strada. Mettete in sicurezza quei muri. Ridate dignità a un luogo che dovrebbe essere simbolo di crescita, non di abbandono.
Agrigento merita di meglio. E i nostri figli anche.
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