Palermo – È iniziato presso il Tribunale di Palermo il processo scaturito dall’indagine dei carabinieri di Partinico riguardante un presunto sistema di corruzione che coinvolgerebbe la cooperativa “Nido d’Argento” di Partinico. Secondo l’accusa, la cooperativa avrebbe ottenuto appalti nel settore dei servizi sociali in diversi comuni siciliani, tra cui Agrigento, Gela e Marsala, grazie a pratiche corruttive rivolte a funzionari pubblici, offrendo denaro, assunzioni e regali di vario tipo, tra cui gioielli e prodotti alimentari.

Il processo vede tra gli imputati Nicolò Fiocca, ex ragioniere capo del Comune di Marsala, Maria Pia Falco, all’epoca funzionaria del settore Servizi sociali del Comune di Marsala, e Giuseppe Chiaramonte, dipendente della cooperativa. Coinvolti anche l’ex sindaco di Partinico, Salvo Lo Biundo, Antonio Geraci, presidente della commissione di una gara d’appalto per il Comune di Gela, e la stessa cooperativa come persona giuridica.

Tra le accuse principali, emergono sospetti di accordi illeciti in cui venivano promesse assunzioni e regali in cambio di trattamenti di favore negli appalti pubblici. Questo meccanismo, secondo gli inquirenti, avrebbe garantito a “Nido d’Argento” contratti lucrativi per la gestione di servizi sociali, spesso indirizzati a fasce deboli, come anziani e disabili, minando la trasparenza amministrativa e sfruttando un settore particolarmente sensibile e delicato.

Gli imputati principali che affronteranno il giudizio ordinario hanno fatto fronte alle prime schermaglie procedurali, con il difensore di Fiocca che ha già sollevato eccezioni di incompetenza territoriale. Nel frattempo, alcuni imputati, tra cui Michela Sclafani e suo marito Giovanni Dalia, oltre al comandante della polizia municipale di Agrigento, Gaetano Di Giovanni, affronteranno un processo abbreviato. Altri ancora, come il responsabile della cooperativa Giuseppe Gaglio, Massimiliano Terzo e Francesco Chiavello, hanno richiesto di patteggiare la pena.

L’inchiesta ha messo in luce un quadro inquietante di intrecci tra funzionari pubblici e imprenditori del settore sociale, in cui il sistema corruttivo sembrava essere uno strumento per la conquista di appalti pubblici. Agrigento, uno dei Comuni coinvolti, ha già assistito in passato a episodi di corruzione che minano l’efficienza e la legalità nelle amministrazioni locali. Il Codacons, impegnato a monitorare casi di mala gestione amministrativa, ha sollevato più volte il problema di trasparenza nei settori chiave della pubblica amministrazione, tra cui i servizi sociali.

La vicenda giudiziaria del “Nido d’Argento” rappresenta un banco di prova per la giustizia siciliana, chiamata a fare chiarezza su pratiche che rischiano di distorcere il funzionamento della macchina pubblica. La speranza è che questo processo possa non solo accertare le eventuali responsabilità penali, ma anche lanciare un messaggio forte per prevenire il radicarsi di sistemi di corruzione nei settori essenziali per la collettività.

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