Scandalo nella sanità siciliana, 22 indagati per gare truccate da 130 milioni. Tra i nomi evocati anche Silvio Cuffaro, ma il dirigente regionale resta fuori dal procedimento: “Una semplice cortesia mai richiesta”.

PALERMO – C’è anche il nome di Silvio Cuffaro, attuale dirigente generale del Dipartimento regionale del Bilancio e fratello dell’ex presidente della Regione Totò Cuffaro, tra quelli emersi nei dialoghi intercettati nell’ambito della maxi-inchiesta della Guardia di Finanza su tangenti e appalti truccati nella sanità siciliana. Tuttavia, è bene precisarlo subito: Silvio Cuffaro non risulta indagato e, come evidenziato anche dai magistrati, la “cortesia” che avrebbe dovuto coinvolgerlo rimase solo sulla carta.

Secondo quanto ricostruito dalle indagini, Antonio Sciacchitano – ritenuto il “capo della cricca” – avrebbe manifestato la volontà di ottenere un intervento favorevole nella gestione di un contenzioso con la Centrale Unica di Committenza (CUC) per conto della Polygon spa. L’intervento, secondo l’accusa, doveva consistere in una richiesta informale a Cuffaro, che però non fu mai contattato direttamente, né risulta aver preso parte in alcun modo ai fatti contestati.

Le parole di Cuffaro

Lo stesso Silvio Cuffaro, raggiunto telefonicamente dai giornalisti di LiveSicilia, ha dichiarato:

“Non ho avuto nessun contatto, né diretto né indiretto, con i soggetti citati. Mi dicono che il mio nome compare in un’intercettazione, ma non ho mai ricevuto alcuna richiesta, né ho mai esercitato alcuna pressione. Non ho nulla da temere.”

Anzi, nella dinamica dell’inchiesta sembra evidente che anche quel semplice tentativo di coinvolgerlo venne scartato, preferendo vie alternative e interlocutori più “disponibili”. Segno, forse, che Cuffaro stesso non era considerato un canale utile o percorribile per l’operazione.


Una macchina corruttiva ben organizzata

L’indagine ha portato alla luce un sistema corruttivo che coinvolge 22 persone, tra cui dirigenti pubblici, funzionari della sanità e imprenditori. Due gli arresti domiciliari eseguiti, cinque le misure interdittive, sei gare d’appalto nel mirino per un valore complessivo di 130 milioni di euro.


Conclusioni

Il caso dimostra che non tutti i nomi evocati nelle intercettazioni si traducono in coinvolgimenti giudiziari reali. E in un contesto in cui la corruzione sembra aver attecchito nella pubblica amministrazione sanitaria, è doveroso distinguere tra chi agisce e chi – come nel caso di Silvio Cuffaroviene solo citato ma non ha avuto alcun ruolo operativo né contatto con gli indagati.

Una precisazione importante, soprattutto in un momento in cui ogni segnale di legalità deve essere protetto con chiarezza, anche per non gettare ombre ingiustificate su figure istituzionali non coinvolte.

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