AGRIGENTO – Un aumento delle bollette idriche del 5,4% per “salvare i Comuni dal dissesto” e garantire la sopravvivenza di AICA. È questa la giustificazione ufficiale dei 24 sindaci della provincia di Agrigento che hanno approvato l’ennesimo rincaro a carico dei cittadini. Un aumento definito “necessario” dal presidente dell’ATI idrica ATO 9, Giovanni Cirillo, che lo ha spiegato in una conferenza stampa alla quale – guarda caso – non tutte le testate giornalistiche sono state invitate.
INTERVENTO DI GIUSEPPE DI ROSA COMPONENTE DELLA CONSULTA DELLE ASSOCIAZIONI NELL’ULTIMA ASSEMBLEA DI AICA
Tra queste, anche Report Sicilia, volutamente esclusa. Forse perché i sindaci temevano di dover rispondere a domande scomode? Forse perché non avrebbero potuto farlo senza addossarsi le colpe? Chi tra i sindaci non è colpevole, scagli la prima pietra.
Ma dietro questo aumento si nasconde ben altro. E la verità, come spesso accade quando c’è di mezzo la politica, è solo una piccola parte della realtà.
AICA, la gestione pubblica che costa più di quella privata
I cittadini se lo chiedono da tempo: cosa è migliorato da quando AICA ha sostituito la famigerata Girgenti Acque? La risposta è sotto gli occhi di tutti:
- Le tariffe sono aumentate
- I disservizi si sono moltiplicati
- Le reti idriche sono al collasso e mancano i soldi per le riparazioni
- I rapporti con gli utenti sono peggiorati
- I comuni continuano a non pagare, restando debitori verso AICA
- Le ingiunzioni di pagamento ci sono, ma i pignoramenti no, perché significherebbe far saltare il banco dei Comuni… che sono anche i proprietari di AICA
In pratica, AICA è diventata l’ostaggio politico dei sindaci e dei loro referenti regionali, più attenti a gestire poltrone e clientele che a garantire un servizio efficiente e dignitoso.
Tutti i sindaci sono dentro: nessuno escluso
È bene ricordarlo: il 100% dei sindaci della provincia, cioè tutti e 43, fanno parte dell’ATI (Assemblea Territoriale Idrica). E chi compone la consortile AICA, che ha natura equiparata a una società per azioni, sono proprio i Comuni.
I più grandi – Agrigento, Canicattì, Licata, Sciacca e Favara – detengono la maggioranza assoluta: Agrigento da sola detiene il 15,38%, e l’unione di questi cinque centri supera ampiamente il 51% delle quote, soglia sufficiente per deliberare qualunque decisione.
I sindaci delle città più grandi sono quindi i più responsabili dell’attuale disastro. Eppure continuano a fare gestire la cosa pubblica ai propri deputati di riferimento, come dimostra il caso del Comune di Agrigento, Licata e altri centri amministrati da sindaci politicamente vicini alla stessa compagine politica, quella che fa capo al deputato Roberto Di Mauro, fino a poche settimane fa assessore regionale alle Acque e all’Energia.
INCHIESTA: l’elenco completo delle quote AICA
| Comune | Quota (€) | % su Totale |
|---|---|---|
| Agrigento | 3.008,40 | 15,38% |
| Sciacca | 2.050,00 | 10,48% |
| Licata | 1.854,20 | 9,48% |
| Canicattì | 1.812,40 | 9,26% |
| Favara | 1.654,00 | 8,45% |
| Palma di Montechiaro | 1.125,80 | 5,75% |
| Ribera | 942,80 | 4,82% |
| Porto Empedocle | 838,60 | 4,28% |
| Raffadali | 652,20 | 3,33% |
| Ravanusa | 573,80 | 2,93% |
| Campobello di Licata | 493,40 | 2,52% |
| Aragona | 478,00 | 2,44% |
| Casteltermini | 400,60 | 2,05% |
| Racalmuto | 407,80 | 2,09% |
| San Giovanni Gemini | 407,00 | 2,08% |
| Naro | 381,40 | 1,95% |
| Sambuca di Sicilia | 294,60 | 1,51% |
| Grotte | 283,40 | 1,45% |
| Realmonte | 230,40 | 1,18% |
| Siculiana | 222,20 | 1,14% |
| Caltabellotta | 177,80 | 0,91% |
| Cattolica Eraclea | 181,40 | 0,93% |
| San Biagio Platani | 159,40 | 0,81% |
| Santa Elisabetta | 117,60 | 0,60% |
| Montallegro | 128,20 | 0,66% |
| Montevago | 147,80 | 0,76% |
| Castrofilippo | 142,80 | 0,73% |
| Lucca Sicula | 91,20 | 0,47% |
| Villafranca Sicula | 71,60 | 0,37% |
| Calamonaci | 65,60 | 0,34% |
| Sant’Angelo Muxaro | 63,60 | 0,33% |
| Joppolo Giancaxio | 59,40 | 0,30% |
| Comitini | 47,00 | 0,24% |
La verità dei sindaci? Al massimo un quarto
Il presidente Cirillo sostiene che l’aumento del 5,4% è stato “calmierato” rispetto all’indice ISTAT del 9,9%. Ma nessuno ha risposto alle vere domande:
- Chi è responsabile della gestione fallimentare 2021-2025 di AICA?
- Chi ha fatto perdere milioni di euro in finanziamenti pubblici?
- Perché i cittadini devono pagare i buchi creati da chi ha amministrato male?
- Perché si accusa chi si è astenuto, ma non si analizza chi ha gestito AICA fino a questo punto?
E soprattutto: dove sono i risultati concreti della gestione pubblica dell’acqua?
Finanziamenti persi e bollette più care
Dal 2021 a oggi, sotto la gestione pubblica di AICA, sono stati persi oltre 60 milioni di euro in finanziamenti regionali e nazionali, fondi che avrebbero potuto servire a ristrutturare intere reti idriche comunali. La mancata progettazione, la disorganizzazione del CDA e l’assenza di una struttura tecnica efficiente hanno impedito l’accesso a risorse già stanziate.
E mentre le risorse si perdevano, le bollette aumentavano: dal 2020 al 2024 l’incremento medio della tariffa idrica in provincia di Agrigento è stato del 12%, contro una media nazionale del 6,8%. Nel periodo in cui gestiva Girgenti Acque, le tariffe erano già alte, ma non si erano registrati aumenti consecutivi per più anni, né un collasso sistemico della rete.
Oggi, intere aree servite da AICA non hanno più turni regolari di distribuzione, e in molti quartieri si è tornati a dipendere dalle autobotti private, un paradosso per una gestione “pubblica” che doveva rappresentare il riscatto del territorio.
Quando l’acqua era dei privati
Sarà pure un’affermazione impopolare, ma a conti fatti molti cittadini oggi si pongono una domanda scomoda: era davvero peggiore la gestione privata di Girgenti Acque? Nonostante le inchieste giudiziarie e le ombre, almeno l’acqua arrivava, il servizio era più efficiente, e le reti ricevevano manutenzione.
Oggi, con la gestione pubblica in mano ai sindaci, l’unico miglioramento visibile è il numero di conferenze stampa, mentre l’acqua continua a non uscire dai rubinetti e le autobotti diventano la regola in numerosi comuni.
Una gestione ostaggio della politica
La realtà è che l’acqua pubblica non è davvero pubblica, ma è ostaggio della politica locale, utilizzata come bacino di potere e clientele. I sindaci, invece di fare autocritica, preferiscono puntare il dito contro chi si è astenuto, accusandolo di voler far fallire AICA per riaffidare il servizio ai privati.
Ma non è forse AICA a essere già fallita nei fatti, visto che è in crisi economica e tecnica profonda?
Serve un sindaco coraggioso
In tutto questo, nessun sindaco ha ancora avuto il coraggio di dire la verità. Nessuno ha avuto l’onestà di ammettere che la gestione pubblica è stata un fallimento, e che i cittadini stanno pagando più per avere meno.
Chi avrà il coraggio di rispondere pubblicamente alle domande che da anni restano senza risposta? Chi avrà l’onestà di dire che la gestione consortile è un carrozzone politico e che il clientelismo ha prevalso sulla competenza?
Noi siamo per l’acqua pubblica, ma solo quando sarà veramente pubblica, trasparente, efficiente e lontana dalle logiche dei partiti e dei voti di scambio.

