AGRIGENTO – Il paradosso è servito: Agrigento, proclamata Capitale italiana della Cultura 2025, continua a morire di sete. Un vasto guasto alla condotta idrica principale ha messo in ginocchio la città, causando allagamenti e interruzioni nel servizio, mentre le inchieste giudiziarie in corso sulle presunte mazzette legate agli appalti per la rete idrica aggravano un quadro già drammatico.

A raccontarlo è anche il quotidiano La Repubblica, che dedica una pagina intera al collasso del sistema idrico agrigentino. Un mix esplosivo di incuria, progettazione sbagliata e sospetti sulla gestione degli appalti pubblici sta lasciando a secco migliaia di famiglie e aziende.

A pagare il prezzo più alto sono i cittadini e gli agricoltori, che nei giorni scorsi hanno protestato in piazza per denunciare non solo i ritardi ma anche la totale assenza di interventi strutturali. A pochi passi dalla Valle dei Templi, patrimonio dell’umanità, si è allagata la nuova piazza del Municipio per un guasto mai risolto. Il paradosso è servito due volte: né l’acqua arriva dove serve, né viene trattenuta dove potrebbe essere utile.

Il sindaco Franco Miccichè, ancora una volta, tace. Intanto, AICA (l’azienda pubblica che gestisce il servizio idrico) si trincera dietro risposte burocratiche, mentre il presidente del consiglio dei sindaci Settimo Cantone e il vertice dell’Assemblea Territoriale Idrica sembrano scomparsi dal dibattito pubblico, nonostante le gravi responsabilità politiche e amministrative.

Secondo quanto riporta La Repubblica, la Procura della Repubblica di Agrigento sta indagando su alcuni appalti milionari per la manutenzione della rete, che sarebbero stati affidati in maniera opaca, con soggetti già noti per coinvolgimenti in altri scandali. L’ombra delle “mazzette” e delle “combinazioni” aleggia su ogni tubo, mentre i rubinetti restano asciutti.

La Fondazione Agrigento 2025, che avrebbe dovuto rappresentare il simbolo del riscatto culturale, appare sempre più scollegata dalla realtà. “Ci presentiamo ai turisti come Capitale della Cultura e non siamo neanche in grado di garantire i servizi primari alla cittadinanza”, commenta con amarezza Giuseppe Di Rosa, promotore delle recenti mobilitazioni civiche e già autore di numerosi esposti sul tema.

La verità è che la “maledizione dell’acqua” non è solo un problema tecnico, ma un dramma annunciato. Le denunce erano arrivate mesi fa, anche attraverso la nostra testata, con riferimento alla mancata attivazione delle fonti di emergenza (come “Acqua Amara” e “Porta Panitteri”) e al ritardo nei dissalatori promessi ma mai installati.

Il fallimento del modello gestionale è ormai conclamato: nessuna visione di sistema, nessun piano di emergenza, nessuna responsabilità assunta. Solo una lenta e pericolosa deriva, nel silenzio delle istituzioni.

Intanto i cittadini si chiedono:
“Chi pagherà per questa ennesima emergenza? E soprattutto: chi ne risponderà?”

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