Nel silenzio suggestivo della campagna agrigentina, davanti alla rozza pietra che custodisce le ceneri di Luigi Pirandello, si è svolta una cerimonia di grande intensità emotiva. Una delegazione di sinceri operatori culturali, lontani dai riflettori e dalle logiche di interesse economico, ha reso omaggio al grande drammaturgo nel giorno dell’ottantottesimo anniversario della sua morte, avvenuta a Roma il 10 dicembre 1936.
Dinanzi al simbolico masso, sono state deposte delle stelle di Natale, segno di un affetto che non si affievolisce con il passare del tempo. Questo gesto semplice e toccante è un modo per esorcizzare il ricordo della perdita e per ribadire il legame profondo con il genio agrigentino che sublimò nell’arte le radici della sua terra. Un omaggio sincero, privo di secondi fini, che nasce dalla volontà di onorare un concittadino il cui talento ha lasciato un segno indelebile nella letteratura e nel teatro mondiale.
La commemorazione si inserisce in un contesto che vede Agrigento al centro dell’attenzione per le iniziative legate al titolo di Capitale Italiana della Cultura 2025. Tuttavia, proprio questa ricorrenza mette in luce un’amara contraddizione: mentre la città è attraversata da un fiume di denaro per eventi e manifestazioni, le ricorrenze fondamentali come quella della morte di Pirandello rischiano di passare in sordina, lasciate alla sensibilità di pochi.
In un momento in cui il fervore delle attività culturali sembra dominato da clamori e proclami, l’omaggio a Pirandello si è distinto per la sua autenticità. Un incontro alla luce del sole, lontano dai riflettori e dalle passerelle, che ha ribadito quanto sia necessario tornare alle radici e riscoprire l’essenza della cultura: il ricordo, la memoria e l’espressione di un amore incondizionato per i grandi uomini che hanno reso grande questa terra.
Eppure, la domanda resta: perché Agrigento, nel suo cammino verso il 2025, sembra dimenticare chi ne ha incarnato l’anima più autentica? Il commosso gesto di ieri ci ricorda che celebrare Pirandello non è un esercizio di retorica, ma un dovere morale verso la nostra storia e identità. Un dovere che non dovrebbe essere delegato esclusivamente all’iniziativa privata, ma che meriterebbe il sostegno istituzionale e l’attenzione che solo un grande cittadino come Pirandello può ispirare.