Agrigento resterà ancora isolata. Le ultime comunicazioni ufficiali da parte di Anas gettano una cupa ombra sul futuro della viabilità nella provincia: il Viadotto Morandi – chiuso dal 2017 – e lo svincolo di Maddalusa non saranno pienamente operativi prima del 2026, o più realisticamente, 2027. Un disastro annunciato che suona come l’ennesimo schiaffo agli agrigentini.

A denunciarlo con forza è l’onorevole Ida Carmina, deputata del Movimento 5 Stelle, che ha definito questi nuovi slittamenti “sconfortanti e inaccettabili”. L’ex sindaca di Porto Empedocle, da mesi in prima linea con interrogazioni parlamentari e sollecitazioni formali, punta il dito contro i vertici di Anas e contro il governo nazionale e regionale.

“Dopo i proclami del Ministro Salvini e del Presidente Schifani per il taglio del nastro del Ponte San Giuliano, ora ci dicono che il primo lotto del Viadotto Morandi (Akragas 1) sarà pronto solo nel 2026. Il secondo lotto, addirittura nella seconda metà del 2027. Avevano promesso la riapertura nel 2025 per Agrigento Capitale della Cultura. È una presa in giro”.

Il colpo di scena più grave riguarda lo svincolo di Maddalusa, arteria strategica chiusa da anni, che costringe automobilisti e pendolari a percorsi alternativi pericolosi e disagevoli. Anche in questo caso si parla di nuove perizie e lavori da riprendere dopo l’estate, con una possibile conclusione non prima di giugno 2026.

Nel frattempo, le infrastrutture agrigentine cadono a pezzi. Il silenzio del Ministero delle Infrastrutture – che non ha mai risposto all’interrogazione dell’on. Carmina dello scorso novembre – è assordante.

“Questo governo è troppo impegnato a parlare del Ponte sullo Stretto – aggiunge Carmina – mentre intere province come Agrigento, da oltre dieci anni, aspettano solo strade sicure e transitabili. Siamo considerati solo un granaio elettorale da svuotare, non un territorio da far crescere”.

Un appello accorato, quello della deputata pentastellata, che chiede un immediato intervento della Presidenza del Consiglio, del Ministero e della Regione, affinché non si consumi l’ennesima discriminazione nei confronti del Sud più fragile. Perché ogni ulteriore rinvio significa meno turisti, meno lavoro, più spopolamento e una totale perdita di fiducia nelle istituzioni.

“A cosa serve il Ponte sullo Stretto, se le strade interne sono un colabrodo?”

Una domanda che risuona con forza tra gli agrigentini, sempre più stanchi di promesse tradite e cantieri eterni.

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