DDL La Vardera sull’acqua pubblica: un ritorno al passato già dichiarato incostituzionale

Il deputato regionale Ismaele La Vardera, insieme al movimento “PeR – Popolari e Riformisti”, ha presentato all’Assemblea Regionale Siciliana un disegno di legge per la gestione pubblica delle risorse idriche in Sicilia. Una proposta che, a detta dei promotori, punta a restituire al pubblico il controllo diretto sull’acqua, garantendone l’accessibilità e la tutela come bene comune.

Tuttavia, una lettura attenta del testo e un confronto con la normativa vigente e con le pronunce della Corte Costituzionale, dimostra che il DDL ripropone contenuti già dichiarati illegittimi, ignorando la normativa nazionale sul Servizio Idrico Integrato (SII) e il principio di unicità gestionale all’interno dell’ambito territoriale ottimale.

Un DDL in contrasto con la normativa nazionale e la Costituzione

Il disegno di legge La Vardera, così come formulato, entra in conflitto diretto con il D.Lgs. 152/2006 (Codice dell’Ambiente), che regola il servizio idrico a livello nazionale. In particolare:

  • L’art. 147 del Codice dell’Ambiente impone l’organizzazione dei servizi idrici su ambiti territoriali ottimali (ATO) con gestione unica per ogni ambito, per garantire efficienza, economicità e superare la frammentazione. AMBITO UNICO

  • Le Regioni possono stabilire norme attuative, ma non possono derogare a questi principi fondamentali, come ribadito dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 93/2017.

La proposta La Vardera prevede una frammentazione amministrativa che consente agli enti locali di scegliere tra gestione in house, concessione a terzi o altre forme, compromettendo così il principio di unicità della gestione su base provinciale e contraddicendo la disciplina statale e comunitaria, oltre che l’assetto definito dalla Direttiva 2000/60/CE sull’acqua.

Un déjà vu del 2015: bocciato dalla Consulta

Un tentativo molto simile fu avanzato nel 2015, sempre in Sicilia, con una Legge Regionale sulla gestione pubblica dell’acqua che prevedeva l’istituzione di organismi comunali o sovrambito e deroghe al modello nazionale. La Corte Costituzionale bocciò quel testo, proprio perché violava:

  • il principio di gestione unitaria per ambito ottimale;

  • il divieto di istituire enti sovrambito o sub-ambito non previsti dalla legge nazionale;

  • la competenza esclusiva statale su ambiente e tutela della concorrenza.

Proporre oggi un disegno praticamente identico significa ignorare non solo la giurisprudenza consolidata, ma anche oltre un decennio di evoluzione legislativa e istituzionale.

Ambiti territoriali idrici già esistenti: l’EGA non si tocca

Come evidenziato nel documento tecnico allegato [“Ambito Unico”]​, la Regione Siciliana ha già individuato nove Ambiti Territoriali Ottimali (EGA/ATI), corrispondenti alle ex province. La governance è affidata alle ATI (Assemblee Territoriali Idrica), come previsto dal Codice dell’Ambiente.

Proporre un modello alternativo che ignora questa struttura e rimette in discussione l’intera architettura istituzionale equivale a compromettere il sistema stesso di pianificazione e finanziamento delle opere idriche.

La retorica del bene comune non basta

Pur condividendo i principi generali di equità e sostenibilità espressi nella relazione al DDL – come il diritto all’acqua, la trasparenza nella gestione e il reinvestimento dei profitti – è evidente che queste finalità non possono essere perseguite ignorando la legge.

La sfida della gestione idrica non si risolve con slogan o ritorni ideologici al passato, ma con un’applicazione rigorosa e intelligente della normativa vigente, che consenta di superare le inefficienze esistenti senza infrangere i vincoli costituzionali.

Conclusione

Il DDL La Vardera si presenta come un manifesto politico demagogico più che una proposta praticabile. Riproporre modelli già bocciati, senza tenere conto delle norme nazionali e delle sentenze della Consulta, significa rischiare l’ennesimo stop istituzionale, e soprattutto, perdere ulteriore tempo prezioso per affrontare la crisi idrica in Sicilia.

Una vera riforma dell’acqua pubblica deve partire dal rispetto delle regole, non dal loro aggiramento.

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