Una santa messa officiata da don Lillo Argento e un raccolto convegno ha ricordato qualche giorno fa la figura dell’on.Giuseppe La Loggia nel trentennale della sua morte. Nella chiesa di san Nicola al completo in ogni ordine di posti erano presenti il figlio Enrico, il sindaco di Agrigento Franco  Miccichè, l’on. Lillo Pumilia. Assente l’on. Mannino che ha fatto avere il suo necessariamente breve ricordo telefonico   al prof. Enzo Di Natali che è stato il promotore dell’iniziativa. E francamente se non ci fosse Di Natali a ricordare storicamente vecchie figure della politica agrigentina non ci sarebbe nessun altro che attraverso questi ricordi aiutasse a comparare lo stile dell’antica politica (nel bene e nel male) con la mummificata  e screanzata  politica di oggi.. Un vero peccato che non ci fossero i giovani democristiani. In consiglio comunale ad Agrigento ne abbiamo quattro di consiglieri democristiani , tutti figli di magnanimi lombi che non abbiamo notato fra le tante teste canute . Non sanno cosa si sono persi della vecchia politica e probabilmente avrebbero imparato storicamente qualcosa dei meriti ma anche degli errori di un passato prossimo che oggi spesso viene clamorosamente rimpianto.. Fra le tante rivelazioni portate dal convegno, una è risultata “sconvolgente”, così è stata definita dal portatore Enrico La Loggia che ha rivelato come durante il periodo del Covid, prese a scartabellare le vecchie carte del padre Giuseppe e scoprì la documentazione inerente i 24 deputati traditori che avevano permesso la formazione del “governo Milazzo”. Gualcite ricevute  per l’ammontare di trenta milioni, tanto era costata la corruzione. Dei fatti inerenti l’attualità politica,  a fine convegno abbiamo chiesto all’on. Lillo Pumilia che ci ha concesso una breve  intervista.

—Onorevole lei ricorderà certamente quella famosa frase di Manzoni che per scrivere i Promessi Spossi confessò di aver “lavato i panni in Arno”.  Oggi l’attuale compagine governativa cerca di lavare i panni costituzionali nell’Arno della loro cultura. Ritiene che sia una buona lavanderia?.

—E’ peggio di un lavatoio di antica memoria, così i panni non si lavano , si sporcano ulteriormente. C’è il tentativo chiaro di stravolgere l’assetto costituzionale in una visione del comando più che del governo del paese. Una visione dell’uomo o della donna sola al comando che termina non dico della distruzione ma quantomeno del valore degli strumenti di controllo, dei corpi intermedi, di tutto quel sistema che hanno fatto i settantanni di questo grande paese democratico.

Ci sono in giro tanti odori e sapori  della cucina democristiana però ancora questi piatti non riescono ad arrivare sulla tavola degli italiani.

E’ il buon odore della memoria, le cose che non ci sono più non tornano. La democrazia cristiana ha avuto una presenza complessivamente positiva nella storia di questo paese. Ma è una presenza chiusa. Chi vuole ripristinarla, fa una operazione apprezzabile ma con la nostalgia non si va avanti.

Però i siciliani hanno reagito,  hanno votato i Cinque Stelle e Cateno De Luca.

Con tutto il rispetto per loro io non vedo una proposta, certo è la logica della democrazia , la gente vota quello che il mercato propone. E il mercato propone questo.

E allora cosa fare?

Mancano le condizioni storiche, bisogna creare le condizioni culturali. Io non credo ai leaders straordinari. I leaders vengono fuori da un contesto complessivo, da una cultura, da un humus.

LA FIGURA DI GIUSEPPE LA LOGGIA  tracciata nel convegno da Enzo Di Natali

Nella Sicilia degli anni 50 si stagliano due figure culturalmente diverse: Giuseppe Tomasi di Lampedusa e Giuseppe La Loggia. 

Il primo, autore del famoso libro Il Gattopardo, guarda ad una Sicilia nostalgica, che non può cambiare, immobile. Il secondo, invece, è fermamente convinto che la Sicilia può cambiare e che i siciliani devono osare di cambiare progettando un futuro che dia una speranza soprattutto alle nuove generazioni.

E così Giuseppe La Loggia divenuto Presidente della Regione si adopra per questo cambiamento guardando alla industrializzazione della Isola al fine di trasformare i propri prodotti di una agricoltura fiorente, ponendo fine al trasferimento nelle aree del Nord Italia 

Con questo nuovo progetto egli voleva dare una risposta concreta al disagio denunziato dai Vescovi siciliani che avevano visto più di cinquecentomila siciliani lasciare la Sicilia per motivi di lavoro.

I Vescovi erano preoccupati perché questa scelta avrebbe potuto avere gravi conseguenze: lo sfascio delle famiglie e l’uso di comportamenti morali in contrasto con la fede cristiana. Inoltre temevano che recandosi in Stati in cui era presente il protestantesimo potessero perdere la fede cattolica.

Per la prima volta nella storia siciliana con il governo La Loggia la politica industriale nella Sicilia è al primo posto nell’agenda di Governo superando la agricoltura che è al secondo posto.

Ricordare La Loggia a trent’anni dalla sua dipartita equivale a ritrovare le ragioni per un cambiamento sostanziale della Sicilia soprattutto oggi in cui assistiamo tristemente alla diaspora dei giovani 

Infine, Giuseppe La Loggia fu il politico in seno alla Democrazia Cristiana che rivendicando la laicità del partito e della Politica fu l’artefice del primo centrosinistra ad Agrigento. Dal punto di vista storico è da capire perché cadde il Governo La Loggia, chi furono coloro che impedirono questo processo di cambiamento dell’isola, capire chi non volle l’industrializzazione.  Chi furono i franchi tiratori del suo crollo.” La comprensione storica è ancora aperta.

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