AGRIGENTO – La vicenda che in questi giorni interessa l’area di Punta Bianca continua a suscitare dubbi e polemiche. Il Comune di Agrigento, con ordinanza prot. 56585 del 22 agosto 2025, ha disposto la demolizione e il ripristino dello stato dei luoghi, ai sensi dell’art. 27 del D.P.R. 380/2001. Un atto che, se da un lato intende difendere un sito di straordinario pregio ambientale, dall’altro apre una serie di interrogativi sulla sua legittimità e opportunità.
I fatti documentati
Dalla ricostruzione basata sui documenti pubblici emergono passaggi che meritano di essere chiariti:
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27 febbraio 2025 – viene presentata una SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) per la somministrazione di alimenti e bevande;
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alla SCIA risulta allegata una autorizzazione paesaggistica (prot. 69765 del 30 agosto 2024), rilasciata dunque mesi prima;
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14 aprile 2025 – il Dipartimento Regionale dell’Ambiente pubblica gli atti costitutivi della Riserva Naturale Orientata “Punta Bianca, Monte Grande e Scoglio Patella” (prot. 24119), con annesso regolamento che stabilisce divieti e modalità d’uso dell’area.
Appare evidente, dunque, che le opere oggetto del provvedimento comunale risultavano coperte da titoli abilitativi validi e antecedenti all’istituzione della Riserva.
La questione giuridica: retroattività o tutela ambientale?
Il punto centrale è proprio questo: può un regolamento sopravvenuto, come quello della Riserva naturale, rendere illegittime attività già autorizzate e avviate in conformità alla normativa vigente al momento della loro realizzazione?
La giurisprudenza in materia di vincoli paesaggistici e ambientali, in linea generale, tende a non applicare retroattivamente i divieti, a meno che non siano previste disposizioni specifiche. L’ordinanza comunale, invece, sembra muoversi in senso contrario, imponendo la demolizione di opere che – formalmente – risultavano regolari.
Perché la demolizione?
E qui nasce la domanda più pressante: perché il Comune ha disposto la demolizione nei confronti di un’attività apparentemente autorizzata?
Possibili scenari:
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il Comune ritiene che i titoli rilasciati fossero viziati da illegittimità originarie (ad esempio difetti procedurali o competenze non rispettate);
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oppure interpreta il regolamento della Riserva come immediatamente prevalente, anche su autorizzazioni precedenti;
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o ancora, vi è stata una segnalazione successiva che ha portato a rivalutare l’intervento in termini di impatto ambientale non conforme.
Un caso che richiede chiarezza
Quel che è certo è che la vicenda chiama in causa un nodo delicato: il bilanciamento tra tutela del territorio e certezza del diritto. Se da un lato è doveroso preservare Punta Bianca da abusi e cementificazioni, dall’altro non si può ignorare che i privati hanno diritto a regole chiare e non mutevoli a posteriori.
Per questo motivo, la richiesta che arriva dai cittadini – e che riportiamo integralmente – è che le istituzioni chiariscano pubblicamente su quali basi giuridiche si fonda l’ordinanza di demolizione, e se davvero le autorizzazioni rilasciate prima dell’istituzione della Riserva possano essere considerate nulle.
Gli articoli precedenti su Report Sicilia
Report Sicilia ha seguito costantemente le vicende di Punta Bianca e della sua istituzione come Riserva naturale. Qui alcuni approfondimenti già pubblicati:
Il caso Punta Bianca non può essere archiviato come una semplice pratica edilizia. Si tratta di un precedente che rischia di pesare sulla gestione futura delle aree tutelate in Sicilia: la legalità non deve mai essere selettiva, ma deve camminare insieme alla trasparenza e al rispetto dei diritti di tutti i soggetti coinvolti.
Report Sicilia continuerà a seguire la vicenda, chiedendo chiarezza al Comune di Agrigento, alla Regione Siciliana e agli organi di tutela competenti.
👉 In allegato l’ordinanza comunale prot. 56585 del 22/08/2025 Nota prot. n. 56585 del 22.08.2025

