di Zino Pecoraro

Uno scrittore-drammaturgo che sapeva ricavare dalle sue stesse novelle dei testi teatrali è stato Luigi Pirandello. Un numero notevole di novelle è stato utilizzato per ri-creare un testo teatrale. Nel dramma “Non si sa come”, uno degli ultimi testi scritti dal drammaturgo, addirittura ben quattro novelle transitano nel testo teatrale e addirittura la novella “Cinci” diventa poi, per intero, il famoso “Monologo della lucertola”. Spesso il trasferimento dalla novella al testo teatrale in Pirandello avviene con una operazione semplice di integrale trasloco o di rifacimento dei dialoghi. Questa operazione è stata realizzata, con strutture operative differenti rispetto a quelle adoperate da Pirandello, da Lia Rocco, che con una azione magistrale di riduzione conservativa ha reso gradevole come testo teatrale un romanzo importante di Alberto Moravia, “La Ciociara”. La differenza tra l’operazione su testi prosastici condotta da Pirandello e quella realizzata su “La ciociara” consiste nel fatto che Pirandello si limitava ad operare sulle novelle o su qualche passo di romanzo; “La ciociara” è stata teatralizzata in maniera quasi completa e la relativa messinscena ha consentito al numeroso pubblico di comprendere i profondi messaggi contenuti nel testo di Moravia, tanto è vero che il finale della messinscena ha visto una full immersion del pubblico che si è impegnato a cantare “Bella ciao” come segno di piena condivisione dell’operazione culturale proposta da Lia Rocco. In effetti, al centro di tutta la rappresentazione teatrale si trova il certosino lavoro di Lia Rocco che ha svolto in maniera egualmente encomiabile il ruolo di attenta rivisitatrice del testo per trasferirlo nella forma monologante, di regista per una messinscena semplice e spartana che soprattutto nelle brevi sottolineature musicali ha prodotto un forte riscontro emotivo tra il pubblico, di attrice per la qualità egualmente distribuita nella pluralità dei toni verbali e della gestualità. Insomma, una esperienza esaltante per Lia Rocco, ma anche per il pubblico che ha apprezzato la narrazione immedesimandosi nelle vicende di Cesira e appassionandosi nella finale presa di coscienza della stessa Cesira che si riconosce nella nuova passione politica come antidoto alla violenza delle dittature e delle guerre. In questi tempi calamitosi di guerre dispendiose e distruttrici immergersi nel testo di Moravia e nella relativa trasposizione teatrale sotto forma di monologo fa bene a quelli che si battono per una società umana che metta al primo posto il rispetto e la dignità della vita umana, ma spinge anche ad una riflessione gli indifferenti, i neutrali, i supponenti.

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